E dunque Pier Luigi Bersani si ritrova di nuovo infelice, di nuovo accerchiato dalle ombre, di nuovo sospettoso, di nuovo con il sorriso all’ingiù come un Pierrot triste, e con il broncio fumantino, esattamente come il suo sosia-cartoon, ovvero il noto Gargamella dei Puffi.
Proprio lui: quello che prepara sempre piani perfetti che però vengono fatalmente sventati, che mette a punto i dettagli, ma poi si incaglia sempre in un imprevisto, viene sempre inchiodato al suo errore fatale, e vede svanire i suoi sogni. Ecco, in questi giorni Gargabersa, o Bersamella – che dir si voglia – ispira davvero simpatia, e si ritrova incastrato in questo paradosso. E ovviamente consigliato dal suo micione magico preferito, quel Massimo D’Alema che spiega a L’Espresso, a metà fra l’indignato e lo stupefatto: “Quello che più mi ha impressionato è vedere come gran parte dell’informazione abbia assegnato la vittoria a Grillo!”. Un caso di manipolazione mediatica o cosa? Proviamo ad esaminare i fatti.
Bersani e il Pd hanno vinto le elezioni sul piano numerico, senza dubbio alcuno. Ma Gargabersa vince arretrando, e, la sera stessa del voto innesca lui stesso, con un plateale errore di comunicazione (che D’Alema ieri proseguiva), il meccanismo che lo sta avvolgendo nelle sue spire. Fin dalla prima dichiarazione sulla “non-vittoria” di Parma, infatti, lunedì scorso il segretario ha polarizzato l’attenzione sulla sconfitta nel capoluogo emiliano. E adesso si ritrova inseguito anche la notte dagli spettri del Cinque stelle, dal paradosso di un gruppo dirigente che riesce ancora a muovere i numeri, ma non ad accendere i cuori e a selezionare leader carismatici, storie individuali che possano farsi popolo (e vincere).
Ancora una volta, dopo quello che è accaduto a Milano, a Napoli e a Genova, sono i partiti “minori” della coalizione a fornire i quadri dirigenti a selezionarli, ad imporli alle primarie. Il primo paradosso di Bersani è tutto qui. Il secondo è che il risultato elettorale ha fotografato in modo indelebile quella stessa coalizione che metà del suo gruppo dirigente – da Walter Veltroni a Giuseppe Fioroni, passando per Enrico Letta – considera con lo stesso entusiasmo di un invito ad una messa funebre. Quindi Bersani, esattamente come il mago Bersamella, vince le battaglie ma perde le guerre, perché i Puffi rossi di Idv e Sel dimostrano (per ora) di avere più fantasia e spericolatezza dei suoi candidati micioni, mentre quelli bianchi partoriti dal grillismo nelle urne hanno rivelato un’incredibile capacità di catalizzazione elettorale.
Anche sulla legge elettorale il Pd è in cortocircuito. Fino a ieri aveva lavorato alla riesumazione del proporzionale, con il lavoro “sporco” dell’incursore Luciano “bozza continua” Violante. Adesso il tavolo è saltato perché il primo turno delle elezioni ha piallato Terzo Polo e Pdl. Lo sbarramento che prima del voto amministrativo si ipotizzava per contenere Grillo e tenere a bada la sinistra radicale (8 %) adesso sarebbe superato sicuramente dai Cinquestelle e non sicuramente dal partito di Casini. Ma il peggio deve ancora venire.
Nei quindici giorni che precedono i ballottaggi gli emissari di Bersani trattano con Casini per convincerlo a sposare una vecchia passione dei diessini: il sistema a doppio turno. Poi quando (complice il fatto che il Pdl è così a terra da non opporsi più) il gargabersa-trucco sembra essere arrivato a compimento, ecco una nuova tegola. I dati dei ballottaggi (è un secondo turno anche quello) dimostrano che i candidati del Pd sono fragilissimi contro quelli grillini. Anzi, il paradosso nel paradosso è questo: i candidati neo-civici di sinistra, come era già accaduto con Pisapia, e come si ripete con Orlando a Palermo e con Doria a Genova, tagliano fuori dalla competizione i grillini perché gli sottraggono i voti necessari per andare al ballottaggio fin dal primo turno. Mentre al ballottaggio contro il centro o la destra la sinistra vince, gli uomini del Pd vengono travolti dalla cavalleria leggera del Cinque stelle perché i grillini intercettano il desiderio anti-apparato sia a destra che a sinistra. Il cuore del teorema di Parma, dal punto di vista elettorale è tutto qui.
Ed è interessante che un uomo del calibro di D’Alema, invece che comprendere questo snodo, precipiti subito nel cono d’ombra delle teorie cospirative. Nella sua intervista a Marco Damilano, infatti, il presidente del Copasir prova a ipotizzare chissà quale retroscena: “Le forze della borghesia – sostiene – operano perché la sinistra non vada al governo”. Quali forze borghesi, vi chiederete, e perché questa terminologia archeologica? D’Alema aggiunge di individuarle “in quelli che dicono: ‘ Meglio Grillo del Pd e quelli che giocano sul patto tra gli industriali e gli indignati’”. Insomma, un complottone. “Dal marxismo al marziano”, lo sfotte l’ex intellettuale di riferimento (oggi “montezemolino”) Andrea Romano. E Bersani si ritrova a cena con Monti a chiedere misure entro l’estate. Chissà se il segretario-mago e il micio maximo ogni tanto pensano al quel 5 novembre di un anno fa quando a San Giovanni Bersani urlava: “Siamo pronti a governare! Non abbiamo paura del voto”.
Solo tre giorni dopo Gargabersa era finito nella tela di Napolitano, incastrato a fare il portatore d’acqua dei tecnici. Perché questo fino ad oggi è stato il suo destino. Vincere, senza convincere. Nemmeno se stesso.
Luca Telese
Giornalista
Politica - 24 Maggio 2012
La maledizione di Bersamella, perché il Pd vince ma non convince
E dunque Pier Luigi Bersani si ritrova di nuovo infelice, di nuovo accerchiato dalle ombre, di nuovo sospettoso, di nuovo con il sorriso all’ingiù come un Pierrot triste, e con il broncio fumantino, esattamente come il suo sosia-cartoon, ovvero il noto Gargamella dei Puffi.
Proprio lui: quello che prepara sempre piani perfetti che però vengono fatalmente sventati, che mette a punto i dettagli, ma poi si incaglia sempre in un imprevisto, viene sempre inchiodato al suo errore fatale, e vede svanire i suoi sogni. Ecco, in questi giorni Gargabersa, o Bersamella – che dir si voglia – ispira davvero simpatia, e si ritrova incastrato in questo paradosso. E ovviamente consigliato dal suo micione magico preferito, quel Massimo D’Alema che spiega a L’Espresso, a metà fra l’indignato e lo stupefatto: “Quello che più mi ha impressionato è vedere come gran parte dell’informazione abbia assegnato la vittoria a Grillo!”. Un caso di manipolazione mediatica o cosa? Proviamo ad esaminare i fatti.
Bersani e il Pd hanno vinto le elezioni sul piano numerico, senza dubbio alcuno. Ma Gargabersa vince arretrando, e, la sera stessa del voto innesca lui stesso, con un plateale errore di comunicazione (che D’Alema ieri proseguiva), il meccanismo che lo sta avvolgendo nelle sue spire. Fin dalla prima dichiarazione sulla “non-vittoria” di Parma, infatti, lunedì scorso il segretario ha polarizzato l’attenzione sulla sconfitta nel capoluogo emiliano. E adesso si ritrova inseguito anche la notte dagli spettri del Cinque stelle, dal paradosso di un gruppo dirigente che riesce ancora a muovere i numeri, ma non ad accendere i cuori e a selezionare leader carismatici, storie individuali che possano farsi popolo (e vincere).
Ancora una volta, dopo quello che è accaduto a Milano, a Napoli e a Genova, sono i partiti “minori” della coalizione a fornire i quadri dirigenti a selezionarli, ad imporli alle primarie. Il primo paradosso di Bersani è tutto qui. Il secondo è che il risultato elettorale ha fotografato in modo indelebile quella stessa coalizione che metà del suo gruppo dirigente – da Walter Veltroni a Giuseppe Fioroni, passando per Enrico Letta – considera con lo stesso entusiasmo di un invito ad una messa funebre. Quindi Bersani, esattamente come il mago Bersamella, vince le battaglie ma perde le guerre, perché i Puffi rossi di Idv e Sel dimostrano (per ora) di avere più fantasia e spericolatezza dei suoi candidati micioni, mentre quelli bianchi partoriti dal grillismo nelle urne hanno rivelato un’incredibile capacità di catalizzazione elettorale.
Anche sulla legge elettorale il Pd è in cortocircuito. Fino a ieri aveva lavorato alla riesumazione del proporzionale, con il lavoro “sporco” dell’incursore Luciano “bozza continua” Violante. Adesso il tavolo è saltato perché il primo turno delle elezioni ha piallato Terzo Polo e Pdl. Lo sbarramento che prima del voto amministrativo si ipotizzava per contenere Grillo e tenere a bada la sinistra radicale (8 %) adesso sarebbe superato sicuramente dai Cinquestelle e non sicuramente dal partito di Casini. Ma il peggio deve ancora venire.
Nei quindici giorni che precedono i ballottaggi gli emissari di Bersani trattano con Casini per convincerlo a sposare una vecchia passione dei diessini: il sistema a doppio turno. Poi quando (complice il fatto che il Pdl è così a terra da non opporsi più) il gargabersa-trucco sembra essere arrivato a compimento, ecco una nuova tegola. I dati dei ballottaggi (è un secondo turno anche quello) dimostrano che i candidati del Pd sono fragilissimi contro quelli grillini. Anzi, il paradosso nel paradosso è questo: i candidati neo-civici di sinistra, come era già accaduto con Pisapia, e come si ripete con Orlando a Palermo e con Doria a Genova, tagliano fuori dalla competizione i grillini perché gli sottraggono i voti necessari per andare al ballottaggio fin dal primo turno. Mentre al ballottaggio contro il centro o la destra la sinistra vince, gli uomini del Pd vengono travolti dalla cavalleria leggera del Cinque stelle perché i grillini intercettano il desiderio anti-apparato sia a destra che a sinistra. Il cuore del teorema di Parma, dal punto di vista elettorale è tutto qui.
Ed è interessante che un uomo del calibro di D’Alema, invece che comprendere questo snodo, precipiti subito nel cono d’ombra delle teorie cospirative. Nella sua intervista a Marco Damilano, infatti, il presidente del Copasir prova a ipotizzare chissà quale retroscena: “Le forze della borghesia – sostiene – operano perché la sinistra non vada al governo”. Quali forze borghesi, vi chiederete, e perché questa terminologia archeologica? D’Alema aggiunge di individuarle “in quelli che dicono: ‘ Meglio Grillo del Pd e quelli che giocano sul patto tra gli industriali e gli indignati’”. Insomma, un complottone. “Dal marxismo al marziano”, lo sfotte l’ex intellettuale di riferimento (oggi “montezemolino”) Andrea Romano. E Bersani si ritrova a cena con Monti a chiedere misure entro l’estate. Chissà se il segretario-mago e il micio maximo ogni tanto pensano al quel 5 novembre di un anno fa quando a San Giovanni Bersani urlava: “Siamo pronti a governare! Non abbiamo paura del voto”.
Solo tre giorni dopo Gargabersa era finito nella tela di Napolitano, incastrato a fare il portatore d’acqua dei tecnici. Perché questo fino ad oggi è stato il suo destino. Vincere, senza convincere. Nemmeno se stesso.
C'era una volta la Sinistra
di Antonio Padellaro e Silvia Truzzi 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".