“Certo non posso dire di essere tranquillo, ma si va avanti. Vado avanti nel mio lavoro da quando ad aprile con la mia scorta abbiamo subito questo inseguimento in autostrada e vado avanti ancora oggi che la notizia è trapelata. Eravamo riusciti a tenerla riservata per 40 giorni, ma adesso è diventato un fatto conosciuto”. Parla così Marcello Viola, da qualche mese a capo della Procura della Repubblica di Trapani. L’indomani dell’anniversario dei 20 anni dalle stragi, semmai ce ne fosse stato bisogno, l’episodio che lo riguarda è la prova che la mafia non molla la sua presa.
Marcello Viola è solo l’ultimo dei magistrati intimiditi. E’ stato pm e gip a Palermo, titolare di indagini scottanti proprio con riguardo alla criminalità mafiosa del trapanese. Adesso è capo dell’ufficio inquirente che opera in quel territorio che continua a essere considerato lo zoccolo duro della mafia siciliana. Quella Trapani dove la mafia è nata “sommersa” e tale resta, grazie alla sua infiltrazione nel tessuto borghese. Qui comanda Matteo Messina Denaro. Al procuratore Marcello Viola oggi hanno rafforzato la scorta: ora a seguirlo ci saranno altri tre uomini e un’altra blindata. Cinque agenti in tutto.
Il procuratore Marcello Viola lo scorso 19 aprile era a bordo della sua blindata e con la scorta stava percorrendo l’A29 da Palermo verso Trapani. Di buon mattino. Il procuratore ama arrivare presto in ufficio: è una sua abitudine. All’improvviso, racconta lui stesso, dietro la blindata del magistrato compare una Audi grigia. Vetri oscurati, tallona la vettura del procuratore, gli agenti immediatamente percepiscono il pericolo e per diversi chilometri la velocità arriva a toccare i 200 chilometri orari, con quell’Audi sempre dietro. Tutto questo fino ad arrivare nei pressi dello svincolo per Trapani; a quel punto l’Audi abbandona l’inseguimento, procede per la bretella che porta verso l’aeroporto di Birgi, mentre la blindata del procuratore Viola si immette su quella per Trapani.
“E’ stata un bel pezzo appiccicata a noi – dice il procuratore Viola – poi è sparita”. Di quanto accaduto si sta occupando la procura di Caltanissetta. Ma nel fascicolo non c’è solo questo episodio, perché è solo l’ultimo di una serie di segnali intimidatori che hanno raggiunto il magistrato. Sul suo tavolo sono giunte lettere contenenti minacce e scritte lugubri sul suo conto sono apparse anche nei pressi della sua abitazione a Palermo. Appena ieri, nell’aula Giovanni Facone del Tribunale di Trapani, ad apertura dell’udienza per il delitto di Mauro Rostagno, davanti alla Corte di Assise, il procuratore Viola è comparso al fianco del pm della Dda Gaetano Paci, per pronunciare alcune parole di commemorazione a ricordo delle vittime della strage di Capaci.
Ancora non si sapeva delle minacce nei suoi confronti. Oggi, però, quelle parole assumono un ulteriore, forte significato: testimoniano la volontà di continuare nel lavoro affidandosi ai giovani. “Il ricordo da solo rischia di stemperarsi serve la memoria e per fortuna in queste giornate ci sono i giovani a perpetuare loro per primi la memoria”. E ancora, in un crescendo di tensione: “Dalle stragi escono fuori intrecci vergognosi che offendono chi fa il suo dovere e chi ha dato la vita; oggi il nostro impegno deve essere quotidiano e deve vedere impegnati tutti: così le nostre vittime ci hanno chiesto di fare”. Più tardi, sempre a Palazzo di Giustizia, il procuratore Viola ha riunito il personale per una commemorazione. Un groppo alla gola, però, gli ha impedito di continuare a parlare.