Non sarà nemmeno Elisabetta Laganà a difendere i diritti dei carcerati della Dozza, già nome di ripiego durante lo scorso inverno in mezzo a mille polemiche in seno alla maggioranza. A breve l'emissione di un bando comunale per la nuova nomina
Tutto da rifare. Sembra non finire mai la vicenda legata alla nomina del garante dei detenuti di Bologna. A ottobre la maggioranza in Comune si spaccò di fronte alla proposta del Pd di affidare l’incarico all’ex vice-questore, Giuseppe Pipitone, facendo slittare la discussione di alcune settimane. L’accordo si raggiunse intorno al nome di Elisabetta Laganà, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, organismo istituito negli anni Novanta per rappresentare enti, associazioni e gruppi di volontariato, impegnati all’interno e all’esterno degli istituti penitenziari. Sembrava quindi che, dopo oltre un anno, i carcerati potessero avere di nuovo il loro difensore. E invece no. Perché oggi si riparte da zero: il Tar ha cancellato con un colpo di spugna la nomina del consiglio comunale, rilevando l’ineleggibilità di Laganà.
Il giudice ha accolto il ricorso presentato dall’associazione di ex-detenuti Papillon. L’associazione, che si era detta “sconcertata”, aveva sollevato la questione dell’incompatibilità tra il ruolo di garante e quello di giudice onorario del tribunale di sorveglianza, ricoperto da Laganà al momento della nomina. E il giudice le ha dato ragione. “Abbiamo vinto una battaglia di giustizia – ha commentato il responsabile dell’associazione Valerio Guizzardi – La legge ha prevalso sugli interessi di parte, gli intrighi politici e l’insipienza amministrativa. Le istituzioni comunali hanno avuto tutto il tempo per tornare sugli errori commessi, ma non hanno voluto ascoltarci”.
Così, dopo solo 7 mesi, i detenuti si trovano di nuovo senza un garante. Il Comune, che sembra non avere intenzione di fare ricorso al Consiglio di Stato, dovrà dunque pubblicare un nuovo bando e procedere con un’altra nomina. Va detto che prima di affidare l’incarico a Laganà, il ruolo del garante era ricoperto dal difensore civico, l’avvocato Vanna Minardi, per oltre un anno e mezzo. Nel luglio del 2010, infatti, l’allora commissario Anna Maria Cancellieri decise di non riconfermare l’avvocato Desi Bruno, nonostante cinque anni di lavoro in città, lasciando i detenuti senza una delle figure di riferimento più importanti per chi vive dietro le sbarre.
Insediata la nuova giunta, la questione era approdata in commissione in autunno, diventando l’arena di uno scontro politico tra maggioranza e opposizione, ma anche tra le diverse anime del centrosinistra. Il Pd propose l’ex vice-questore Pipitone incontrando il parere negativo dei tre consiglieri di Sel, che fecero saltare tutti i piani. “È paradossale scegliere uno che apriva e chiudeva le celle come la persona che dovrebbe fare l’interesse dei detenuti”, si lamentarono i vendoliani. Bocciato anche l’uomo proposto dal Pdl, l’ex provveditore e direttore del carcere bolognese, Nello Cesari. Le fratture della maggioranza si ricomposero con la nomina di Laganà, che comunque arrivò solo dopo diverse fumate nere del consiglio comunale. Ora si ricomincia.