Il lunghissimo travaglio della Provincia di Napoli si è concluso con una giunta abbastanza diversa. Cinque cambi su dodici, i principali in casa Udc, e la conferma della pupilla di Berlusconi, Giovanna Del Giudice. L’ex meteorina del Tg4 di Emilio Fede – lui sì, costretto nel frattempo a lasciare il suo posto – ha conservato la delega alle Pari Opportunità, Politiche Giovanili e Cooperazione Internazionale.
Sei mesi per un rimpasto. Era fine novembre e il governo Monti stava muovendo i suoi primi passi quando il presidente della Provincia di Napoli, il Pdl Luigi Cesaro, annunciava l’azzeramento dell’esecutivo e l’imminente varo di una nuova squadra di governo per rilanciare l’azione amministrativa. Imminente si fa per dire, perché in politica nulla è più definitivo del provvisorio, e lo sbandierato ‘azzeramento’ si era presto rivelato uno slogan. Tutti gli assessori infatti avevano conservato deleghe e operatività. E stipendio.
In tempi di magra per i berlusconiani, la poltrona della Del Giudice ha traballato per un po’. Ma alla fine ha resistito. Non ce l’ha fatta invece l’altro nome a rischio taglio, quello dell’Udc Gennaro Ferrara, premiato dalla Gelmini a governo B. morente con la nomina nel consiglio di amministrazione del Cnr. Il rettore della Parthenope è stato sostituito nella casella di numero due di Palazzo Matteotti dal compagno di partito Ciro Alfano. “Cambiamento nella continuità – commenta Cesaro in una nota dell’ufficio stampa della giunta – come dimostra l’immutata composizione della coalizione che sorresse la mia elezione, dove Pdl e Udc confermano la validità della politica di centro-destra”. Traduzione: saluti, non proprio rispettosi, a Francesco Nitto Palma, il commissario regionale del Pdl, che in campagna elettorale per le amministrative aveva chiesto invano ai vertici di Regione e Provincia di cacciare gli assessori in quota Casini, per ‘punire’ un partito colpevole di essersi alleato quasi ovunque con il Pd – alleanza risultata vincente.
L’Udc resta, la Del Giudice pure, della vecchia squadra manca all’appello l’ex assessore al Bilancio Armando Cascio, dimessosi irrevocabilmente a marzo. Aveva conquistato la nomina in virtù di un curriculum di ferro: era stato a lungo autista di Cesaro medesimo, per poi conseguire una laurea breve in scienze dell’azienda moderna a Bari.