Il numero uno di Maranello chiude su una sua candidatura ma non sulla presentazione di liste. La scelta per la discesa in campo dovrebbe essere presa in tempo per la convention del 14 luglio. Decisiva per sciogliere la riserva sarà la legge elettorale con cui si andrà al voto. L'obiettivo resta comunque quello di aprore un dialogo non solo con il mondo imprenditoriale ma anche con quello accademico
“Nel 2013? Io non mi candido”. Ha risposto così questa mattina Luca Cordero di Montezemolo al Fatto Quotidiano, chiudendo la lista di “no comment”, “non c’è ancora nulla di deciso”, “non facciamo futurologia”, “scendiamo in campo solamente se ci sono le condizioni per farlo”. Ma se l’uomo non si candida, attorno alla figura dell’ex numero uno di Fiat non è escluso possa nascere un soggetto politico pronto a presentarsi alle politiche del 2013.
La prognosi dovrebbe essere sciolta in tempo per la convention del 14 luglio, forse in ossequio alla flebile apertura (l’unica, peraltro) espressa da Montezemolo alla proposta del modello presidenziale a doppio turno alla francese lanciata da Silvio Berlusconi. Che permetterebbe ai leader in lizza di guardare alle alleanze nella seconda fase delle elezioni.
Nel frattempo, però, l’associazione Italiafutura prova a tessere la propria tela, seppure in ordine sparso. A cominciare dal quel nucleo fondante che pure aveva preso le distanze dal movimento dove i ripetuti stop and go di Montezemolo, ma che ora potrebbe tornare a trovare interessante un’iniziativa volutamente sganciata da vecchi partiti politici: e se lo storico Miguel Gotor ha già fatto sapere di avere orizzonti diversi (e interni al Pd) da quelli che lo avevano portato a entrare nel comitato direttivo di Italiafutura, diverso pare essere l’esito per l’economista ex veltroniana Irene Tinagli che, insieme con l’altro outsider proveniente dalla London School of Economics Marco Simoni, pare pronta a tornare a un impegno diretto nel costruendo movimento politico, sin qui nelle mani dell’ex dalemiano Andrea Romano, l’economista (pure lui ex dalemiano) Nicola Rossi e il manager Carlo Calenda.
Molti i legami con la stagione confindustriale di Montezemolo, a cominciare dal coordinatore nazionale Federico Vecchioni, all’epoca presidente di Confagricoltura e che qualcuno lo scorso anno voleva in predicato al ministero dell’Agricoltura nell’era Monti. Invece, dopo aver fatto decollare la filiale toscana di Italiafutura, lo scorso dicembre Montezemolo gli ha affidato l’incarico di sovrintendere allo sviluppo della rete di associazioni regionali su tutto il territorio nazionale. Dodici già sono operative, ma l’obiettivo è quello di raggiungere una ventina per luglio, in modo da coprire tutte le regioni.
La strategia ovunque, è quella di aprire un dialogo non solamente con il mondo imprenditoriale, ma anche con quello accademico, sullo schema di quanto fatto nel ’93 da Berlusconi: fuori la politica, dentro la società civile. Operazione che però ha avuto un suo appeal a Nord, ma meno a Sud. Così, in Lombardia emerge il nome di Sergio Scalpelli, ex assessore della giunta Albertini e che dovrebbe avere un ruolo strategico da ideologo, insieme con quello di Alessandro Cè, ex assessore alla Sanità della Regione Lombardia, ex deputato della Lega Nord ma, soprattutto, collegato all’associazione “Verso Nord” fondata dal filosofo ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari.
Sul versante emiliano, invece, si cercano ancora soluzioni, ma forti della presenza in Romagna di una sede a Faenza, guidata da Massimo Bucci, già presidente regionale di Confindustria, quando a Roma sedeva Montezemolo. Recentissima, infine, la soluzione per la Liguria dove Italiafutura è stata affidata al costituzionalista bocconiano Lorenzo Cuocolo. Tra lui e Luca Cordero sarebbe stato amore a prima vista. Non così facile, invece, il radicamento a Sud. Tranne che in Puglia, dove a coordinare i lavori è lo stesso Nicola Rossi. Anche se autorevoli rappresentanti dei palazzi romani, raccontano di un meeting a Bari “animato da anziane vecchie glorie confindustriali e da un paio di consiglieri regionali di centrodestra con qualche problema giudiziario”.
La stessa fonte, assicura che sul piano nazionale, come su quello locale, sarebbero in molti che, prevedendo l’imminente estinzione del vecchio ceto politico, sarebbero pronti a traslocare armi e bagagli verso il nuovo che avanza, ovvero colui che Carlo Donat Cattin soleva chiamare “Libera e bella” in omaggio alla sua chioma fluente. Difficile capire quali siano le reali intenzioni di Montezemolo che vuole mantenere il vantaggio garantitogli da un ottimo 24% indicato dai sondaggi, a patto che non si mischi con i vecchi partiti (da cui i fraintendimenti con Pier Ferdinando Casini e Berlusconi), quanto dal Governo (rendendo molto poco probabili le pur ventilate candidature di Corrado passera e Andrea Riccardi che non hanno mai nascosto la propria simpatia per il potenziale leader).
In Parlamento, però, una pattuglia di sostenitori del “partito dei carini”, già c’è, rappresentata alla Camera dai transfughi del centrodestra Giustina Destro, Fabio Gava e Roberto Antonione che dialogano con quell’area del Pdl delusa dall’abbandono del campo liberale, rappresentata da deputati come Giorgio Stracquadanio e Isabella Bertolini. Una prova generale dell’italfuturismo d’aula c’è già stata in occasione dell’approvazione della legge sul finanziamento pubblico, quando i ribelli del Pdl hanno fatto propria la proposta depositata al Senato proprio da Nicola Rossi, per la totale abolizione del finanziamento. Proposta che andava in direzione diametralmente opposta a quella del Pdl. Ma sarebbe proprio a Palazzo Madama il nocciolo duro dei parlamentari che strizzano l’occhio a Montezemolo: Rossi avrebbe dalla sua sia il democratico Marco Follini sia l’ex margheritina ora nell’Api Emanuela Baio Dossi. E c’è chi garantisce che Nicola Rossi abbia dalla sua, già i dieci nomi utili a formare un gruppo autonomo. Forse, visto che quel che manca è il partito.
di Sonia Oranges e Stefano Feltri. Aggiornato alle 11 del 31 maggio 2012