Condanne ridotte in appello per i protagonisti della tentata scalata di Banca popolare italiana (Bpi) ad Antonveneta. La Corte ha inflitto la pena più pesante, che riduce comunque quella di primo grado (4 anni), all’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, condannato a due anni e mezzo di carcere. Poi un anno e 8 mesi ai vertici di Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (in primo grado 3 anni ad entrambi), un anno e mezzo all’imprenditore Luigi Zunino (2 anni e 8 mesi in primo grado) e un anno all’ex leader della Popolare di Lodi Giampiero Fiorani (un anno e 8 mesi in primo grado). Assolto invece il senatore del Pdl Luigi Grillo che in primo grado era stato condannato a 2 anni e 8 mesi. Inoltre la Corte ha revocato la confisca di 39,6 milioni di euro a Unipol.
Dopo le dichiarazioni spontanee rese questa mattina in aula da Consorte, i giudici della quinta Corte d’appello si sono ritirati in camera di consiglio. Oltre ai 16 imputati c’erano anche le due società Unipol e Nuova Parva, condannate rispettivamente a pagare 230mila e 100mila euro. Cifre ridotte rispetto ai 900 mila e i 360 mila euro chiesti nel primo processo.
Infine i giudici hanno assolto, oltre a Grillo, tutto il gruppo dei ‘lodigiani’: Marcello Dordoni, Giuseppe Ferrari Aggradi, Luigi Gallotta, Giampiero Marini, Luigi Acchiarini, Paolo Raimondi, Sergio Tamagni e Carlo Baietta e la Corte ha emesso un verdetto di non doversi procedere nei confronti di Bruno Bersagnoli.
La vicenda giudiziaria iniziò quando il gip Clementina Forleo firmò l’autorizzazione ad intercettare Fiorani. Da lì si dipanò una rete di politici che includeva anche l’ex governatore della Banca d’Italia Fazio. I pm Eugenio Fusco e Giulia Perrotti, scoprirono che la Bpl di Fiorani cominciava a rastrellare azioni Antonveneta prima di quanto dichiarato a Consob e Bankitalia, senza agire nel rispetto delle regole. Fiorani si mosse, tra gli altri, insieme a Ricucci, Gnutti per impedire il buon esito dell’Opa lanciata il 30 marzo 2005 dall’Abn Amro. Appena scattò l’offerta olandese, Fiorani finanziò amici, prestanomi, fondi e società offshore per realizzare una scalata occulta alla banca di Padova e rendere così vana la richiesta straniera. Poi lanciò a sua volta un’offerta pubblica di acquisto. Fiorani con i suoi amici rastrellò il 40 per cento di Antonveneta, senza lanciare una regolare Opa, obbligatoria per chi vuole superare la soglia del 30 per cento. La Consob denunciò il patto occulto tra gli scalatori italiani e a quel punto Bankitalia avrebbe dovuto bloccare l’operazione. Anche perché il governatore Fazio venne allertato sulle precarie condizioni della Bpl dai suoi ispettori, Giovanni Castaldi e Claudio Clemente.