Società

Tagliare non le spese ma la salute degli Italiani

Prevenzione alimentare? Per Monti pare siano chiacchiere. Sulla scorta di una disegno di legge del Pd per la spending review, il governo si appresta infatti a smantellare anche l’Inran, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, che ad oggi era l’organismo statale preposto a occuparsi di alimentazione preventiva.  Quindi anche a prevenire le malattie e il collasso del sistema sanitario nazionale.

Tanto comunque è destinato a collassare, il sistema sanitario nazionale. Che importa se l’obesità dilaga più di quanto si calcoli e siamo il paese col più alto tasso d’obesità infantile d’Europa? Che importa se le malattie croniche degenerative sono in costante aumento e, specie quelle cardiovascolari, rappresentano già la prima causa di morte? Che importa se tali malattie abbiamo un comprovato legame con l’alimentazione. Ci mangiamo la salute, ma a chi interessa?  In fondo siamo il paese della dieta mediterranea strombettata e apparente, cioè praticata solo dal 10% degli Italiani, siamo il paese del cibo e del vino, trivializzati, che spopolano nei programmi televisivi.

E allora perché preoccuparsi che la spesa privata nella sanità sia cresciuta del 25% negli ultimi 10 anni? Le previsioni del Fondo Monetario internazionale non lasciano dubbi: se nel 2050 la vita media si allungasse di tre anni in più rispetto alle attese attuali, in linea con la media del passato peraltro sottostimata, gli elevatissimi costi del sistema sociale aumenterebbero del 50%. È come assistere a un film catastrofico col pacchetto di patatine in mano: solo che il film è già realtà. Qualcuno l’aveva già scritto un secolo fa: “un mondo che sopporterebbe la propria rovina, purché gli fosse concesso di vederla presentata al cinema”.

Pur avendo in passato riportato critiche all’operato dell’Inran, alla sua struttura ed efficienza, mi sento in dovere di prendere le sue difese. E anzi le difese di un autentico Istituto Nazionale di Nutrizione, di cui abbiamo sempre più bisogno, come della prevenzione alimentare. Del nostro diritto alla salute, che è legata al cibo. Occorre riportare l’Inran al nome e al ruolo che aveva fino al 1999, cioè Inn – Istituto Nazionale della Nutrizione, visto che era nato come tale presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. E invece un disegno di legge del Pd, che pare in via di applicazione silenziosa dagli incontri fra governo e sindacati, fra ministero e rappresentanti dell’Istituto, con l’intento o pretesto di una razionalizzazione degli enti agricoli (Agecontrol, Buonitalia, Cra, Ismea, Inea, Inran, Isa, Assi), intende accorparli tutti in una massa unica e indistinta, per smantellarli tutti gradualmente. Smantellando la ricerca in agricoltura (del resto già decimata) ma anche l’attività di ricerca (minima invero) e soprattutto informazione dell’Inran: ossia l’unico faro statale della prevenzione alimentare. Il che è un’assurdità. Occorre invece, giacché l’Inran è stato più volte criticato da alcuni noti luminari della prevenzione alimentare, cogliere l’occasione per affidare la nostra salute a un ente serio: come avviene un po’ ovunque, tranne in Italia e nei paesi in via di sviluppo.

“Occorre un ente di coordinamento interministeriale” afferma il Prof. De Lorenzo, direttore della scuola di specializzazione in Scienza dell’Alimentazione all’Università di Roma Tor Vergata “un osservatorio fondato su un comitato scientifico indipendente, che permetta una vera politica nutrizionale, ad oggi assente nel nostro paese. Un ente che risponda direttamente al capo del governo. L’alibi è che non ci sono soldi, risorse, ma in verità ci sono i soldi, le risorse e la competenza, dato che di queste cose si occupa una serie di enti frammentati che vanno dal Mipaaf al Ministero della Salute, dal Ministero dell’Ambiente a quello dell’Istruzione, dalla ricerca universitaria a quella industriale. Basta metterli in sinergia, fare sistema. Quello che manca dunque, non sono le risorse o i soldi, ma una strategia politica”.

Una strategia che faccia qualcosa di ancor più efficace che tassare il cibo spazzatura, dato che il Ministro della Salute Balduzzi ha dichiarato che tale tassa non serve a fare cassa  ma piuttosto a mandare il messaggio che il cibo sano fa risparmiare. E difatti mancano i messaggi giusti, riferimenti incontestabili. Manca un’educazione alimentare e l’idea di cosa comporti, tanto che ci si impelaga in discussioni vuote di senso ma piene di nomi che fanno notizia, vedi il caso delle mense scolastiche milanesi e della male-detta dieta Berrino,  dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Perfino uno attento come Gianni Barbacetto ha ripreso la polemica in un suo articolo sul Fatto Quotidiano (anzi due articoli) senza nemmeno accertare se davvero Milano ristorazione abbia seguito le indicazioni del noto Prof. Berrino e della sua squadra, che da anni educano a una “nuova” alimentazione: e infatti Milano ristorazione non le ha seguite, limitandosi a togliere il prosciutto cotto dal menù delle mense. Ma allora che senso ha la polemica tardiva? Il Corriere della Sera di Milano già mesi fa aveva riportato i problemi fra l’insigne professore e Milano ristorazione. Che senso ha parlare di Berrino? Mi meraviglio che Barbacetto prenda spunto da siti e persone da tempo schierate contro il professore, e magari a favore dell’Inran, senza analizzarne i motivi.

Ciò ben attesta il grado di consapevolezza che c’è intorno alla nutrizione, alla prevenzione alimentare. Siamo un popolo incosciente che, ad esempio, consuma ogni settimana il doppio della carne consigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E siamo vittime delle diete più astruse, o delle più trite come la Dukan: l’ultima incarnazione della solita dieta iperproteica: “la Dukan è un volgare imbroglio“ commenta Berrino, “Bisogna difendersi da questi ciarlatani che approfittano che si possa avere dei risultati in tempi brevi, come perdere 10 chili in un mese. La Dukan fa dimagrire soltanto perché intossica. È come se nel caminetto di casa, invece di metterci legna secca, ci metti il copertone delle automobili: brucia, fa calore, però intossica. Poi, chi consuma troppe proteine, sistematicamente ingrassa di nuovo. Noi sappiamo oggi che chi mangia più proteine, ingrassa. E diverrà più grasso di prima”.

Contenti noi.