Quest’anno, per la prima volta, ci siamo sentiti di rispondere che, forse, quel momento è meno lontano di quanto possa sembrare. Anzi, se per chi cerca un lavoro l’Italia è ancora terra ostile e campo minato, per chi vuol fare politica l’Italia è il posto giusto. Adesso. Se non ora, quando? C’è il movimento 5 Stelle, che sta piantando bandierine nel deserto lasciato dai partiti di destra e di sinistra. Ci sono vagiti di liste civiche che sull’onda grillina inevitabilmente, anzi necessariamente dovranno sorgere nei prossimi mesi per non lasciare senza rappresentanza i tanti cittadini (ormai la metà del corpo elettorale) che non la trovano più nelle vecchie e vuote sigle.
C’è molto lavoro da fare anche nei partiti, almeno in quei pochi che vedono il bivio dinanzi a cui si trovano: cambiare (classe dirigente e personale politico), o perire. Poi ci sono quelli che non hanno capito e non capiranno mai: tipo la maggioranza ABC, prigioniera di formule stantie e politichesi, tipo il semipresidenzialismo, la riforma costituzionale, il voto moderato (“ma dove sono ‘sti moderati?”, ha finalmente osato domandare Giorgia Meloni: “la gente è incazzata, altro che moderata”), la discesa in campo di B. (sai che novità), la “nuova squadra” di Alfano, le manovrine del politburo pidino per “blindare” (dicono proprio così) Bersani dal rischio di fare le primarie e naturalmente di buscarle dal primo che passa, la lista Montezemolo e/o la lista Passera, il ritorno a Todi per l’ennesimo ritorno dei morti viventi Dc in salsa vaticana, e naturalmente l’inseguimento a Casini che, nella corsa, è praticamente estinto.
Tutta robaccia da Gattopardo. L’unica certezza, sul fronte partitocratico, che tenteranno una legge elettorale proporzionale che non obblighi ABC a dichiarare prima del voto con chi si alleereanno, così prenderanno i voti fingendo di combattersi l’uno con l’altro e poi,a votazioni avvenute,diranno: toh, nessuno ha la maggioranza assoluta, non ci resta che tornare insieme con una riedizione dell’ammucchiata intorno a Monti. Con Monti a vegliare su di loro dal Quirinale e Passera, o Montezemolo, o Casini a Palazzo Chigi. E con tanti saluti agli elettori. Per loro sfortuna e per nostra fortuna, non c’è legge elettorale, per quanto tarocca, che sia in grado di arginare lo tsunami in atto nel Paese. E non c’è bomba o terrorismo che possa spaventare gli elettori incazzati al punto di indurli a votare per il vecchiume che tenta di scavalcare la propria tomba.
Ci sarà bisogno di Grillo e dei suoi ragazzi, di qui alle elezioni. Ma anche di altre forze civiche e nuove, che raccolgano il meglio di quel che resta della politica degli ultimi anni: sindaci e amministratori di ultima generazione (quelli eletti a dispetto dei partiti, anche dei loro), intellettuali e cittadini riuniti a difesa dei “beni comuni”, movimenti che un anno fa, insieme all’Idv, vinsero i referendum contro il nucleare, l’impunità di Stato e per l’acqua pubblica, associazioni antimafia, anti-Tav, anti-inceneritori, occupanti di spazi culturali, magari la Fiom. A questo mondo dovrebbero rivolgersi Vendola e Di Pietro se non vogliono sparire anche loro, anziché implorare Bersani a rientrare nella foto di Vasto, roba di un’altra era geologica, venuta a noia con tutto il resto solo a sentirne parlare. Ma non l’hanno ancora capito che tutto ciò che Bersani tocca diventa sfiga?
La vittoria dei movimenti ambientalisti contro la discarica-porcata di Villa Adriana, col governo costretto alla ritirata mentre i partiti parlavano d’altro, dimostra che il sistema è fradicio,dunque fragilissimo. Si abbatte con un grissino. Basta qualche braccio giovane che spinga.