Si tratta del tunnel ferroviario del Brennero, della linea ferroviaria Milano-Genova (nota come “terzo valico”, essendocene già due, sottoutilizzati), la linea Alta velocità Treviglio-Brescia-Padova, le nuove linee ferroviarie Napoli-Bari e Palermo-Catania, che non sono ad alta velocità ma costano come se lo fossero, e il miglioramento della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria (forse, tra queste, la più sensata). Vi è anche un’intesa politica “bipartisan” per la nuova linea Av Venezia-Trieste, mentre non è chiaro al momento il destino del Ponte sullo Stretto di Messina. Il costo totale preventivato supera i 27 miliardi di euro (e chissà poi il consuntivo). Circa l’auspicato e generoso intervento dei privati, in questo settore in generale si tratta di “prestiti mascherati”, in cui i privati, forse anche a ragione, in realtà non rischiano nulla. L’esperienza dell’Alta velocità dovrebbe insegnare: la Commissione europea costrinse lo Stato a versare 11 miliardi “cash” alle Fs, perché non riconobbe alcun reale rischio privato nell’operazione. Ma la memoria è labile quando si tratta dei soldi dei contribuenti.
Quali caratteristiche hanno in comune le opere sopra elencate? Non sono stati resi pubblici i piani finanziari: cioè non è noto quanto sarà a carico dei contribuenti e quanto a carico degli utenti. La cosa sembra inquietante in un periodo di grande scarsità di soldi pubblici. Non sono in generale note nemmeno analisi costi-benefici comparative di tali opere, per determinarne la priorità in funzione del benessere sociale che creano (o distruggono). I finanziamenti non sono “blindati” fino a garantire il termine dell’opera. La normativa recente che consente di realizzarle “per lotti costruttivi”, invece che “per lotti funzionali” rende possibili cantieri di durata infinita. Sono tutte opere ferroviarie, ed è noto che la “disponibilità a pagare” degli utenti per la ferrovia è molto bassa, tanto che se si impongono tariffe che prevedano un recupero anche parziale dell’investimento, il traffico tende a scomparire, al contrario che per le autostrade. Questo aspetto rende discutibile la scelta di privilegiare le ferrovie, quando i soldi sono così scarsi. In effetti, i benefici ambientali delle ferrovie sono indiscutibili. Ma non è più così in caso di linee nuove: le emissioni “da cantiere” rendono il risultato ambientale molto dubbio. Il contenuto occupazionale e anticiclico di tali opere appare modesto: si tratta di tecnologie “ad alta intensità di capitale” (in media, solo il 25% dei costi sono di lavoro).
Vediamo ora i pochi aspetti specifici che sono noti di alcune di queste opere. La debolezza delle informazioni di cui si dispone è un problema politico in sé: investimenti pubblici di questa portata dovrebbero essere documentati in modo trasparente. Sul “terzo valico” l’Ing. Mauro Moretti, ad di Fs, si è espresso più volte mettendone in dubbio la priorità, tanto da dover essere ripreso con una lettera al Sole 24 Ore dall’ex ministro Lunardi. L’analisi costi-benefici della linea Av Milano-Venezia, è stata dimostrata inconsistente su lavoce.info. Per il tunnel del Brennero, gli austriaci da tempo esprimono dubbi sulle proprie disponibilità finanziarie. Certo, se l’Italia costruisse la propria metà, vi sarebbero molti problemi per i treni, senza l’altra metà del tunnel. L’analisi costi-benefici, presentata da Fs per la linea Napoli-Bari, è stata dimostrata del tutto indifendibile, sempre su lavoce.info. Anche in questo caso, nessuna smentita è pervenuta.
E’ una leggenda che le infrastrutture generino nel tempo la domanda che le giustifica: la linea di Alta velocità Milano-Torino, costata 8 miliardi e con una capacità di 330 treni/giorno, ne porta, dopo tre anni dall’entrata in servizio, appena 20. Né la realizzazione del collegamento Torino-Lione ne genererebbe molti di più: le stime ufficiali (ma quelle del progetto completo, non di quello attuale, molto più modesto) parlano di neanche 20 treni aggiuntivi. Ma il problema maggiore non è la debolezza della domanda ferroviaria quanto i cantieri infiniti, consentiti dall’attuale normativa. Per ragioni di consenso si rischia di avere moltissime opere non finite in tempi ragionevoli, con costi economici stratosferici. Non sembra il momento di perseverare con queste logiche, proprie di una diversa fase politica ed economica. Ma chi avrà il coraggio di dire di no a tanti “sogni nel cassetto” di politici, banche e costruttori locali, soprattutto in vicinanza di elezioni?
Il Fatto Quotidiano, 30 Maggio 2012