Nonostante la Commissione europea cerchi di stemperare i toni con il classici “burocratese”, la fotografia scattata sulla situazione economica d’Europa resa pubblica oggi non fa di certo sorridere. Le “prossime tappe verso la stabilità, la crescita e l’occupazione” più che raccomandazioni sembrano infatti buoni auspici. Si perché se all’Italia vengono tirate le orecchie su evasione fiscale, occupazione giovanile, liberalizzazioni e riforma del mercato del lavoro, a molti altri Paesi Ue non va certo meglio.
Bruxelles riconosce gli sforzi italiani per mettere in ordine i disastrati conti pubblici, ma gli esperti della Commissione ritengono che la lotta all’evasione fiscale richieda “ulteriori e risolute azioni” in quanto resta ancora una “sfida chiave” per l’Italia. E poi il livello di disoccupazione giovanile e del lavoro nero che insieme alle difficoltà che hanno le donne a fare carriera nel Belpaese rendano il mercato del lavoro “una priorità”. Infine il mercato unico, croce e delizia del premier Mario Monti che sul suo completamento ci ha addirittura scritto il rapporto ufficiale dell’Ue nel 2010. “L’alto indebitamento pubblico e gli sviluppi macroeconomici nelle esportazioni meritano attenzione in quanto l’Italia ha perso competitività da quando è stato introdotto l’Euro”.
La Commissione ha pubblicato gli esami approfonditi avviati all’inizio di quest’anno per dodici Stati membri considerati a “rischio di squilibri macroeconomici” e inseriti nell’Alert Mechanism Report (AMR) lanciato lo scorso febbraio (Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Ungheria, Slovenia, Spagna, Svezia e gran Bretagna). La valutazione è stata fatta su finanze pubbliche e riforme strutturali in materia di fiscalità, pensioni, pubblica amministrazione e servizi, nonché questioni connesse al mercato del lavoro, in particolare la disoccupazione giovanile. Ecco ad esempio la Spagna, Paese che da quando Bankia, secondo istituto di credito del Paese è finito sull’orlo del precipizio del fallimento, ha rubato degnamente la scena alla Grecia nelle preoccupazioni di Bruxelles. Il Paese “sta vivendo un serio squilibrio” che “necessita di essere affrontato con urgenza”. Nel particolare “gli sviluppi macroeconomici”, “l’indebitamento del settore privato” e “l’andamento molto negativo del settore finanziario” richiedono “uno stretto monitoraggio” e “urgenti contromosse economiche” e politiche”. Non è infatti un caso che il Governatore della banca centrale spagnola, Miguel Ángel Fernández Ordóñez, il cui mandato scadeva a fine giugno, si sia dimesso ieri in serata in segno di protesta per come il governo di Mariano Rajoy sta gestendo l’affare Bankia.
Ma a passarsela male sono in molti. Per Cipro la Commissione europea raccomanda di tenere sott’occhio le “finanze pubbliche” e “il settore finanziario” in generale anche per limitare gli effetti dannosi degli “shock esterni”. In Belgio “l’alto debito pubblico” e “la ristrutturazione del settore bancario” fanno ancora preoccupare, con gli ingenti aiuti pubblici erogati agli istituti di credito nel 2008-2009 ancora in buona parte da ripagare. La Francia, dove tra le sfide più alte troviamo “l’alta disoccupazione” e “le ingiustificate barriere di accesso alle professioni”.
Brutte notizie che confermano i timori del nuovo primo ministro francese socialista Jean-Marc Ayrault, confessati in un’intervista fatta al settimanale francese L’Express, ovvero che la Francia potrebbe mancare l’obiettivo del deficit al 3 per cento nel 2013 ma che ce la metterà proprio tutta per raggiungerlo entro il 2017. Buona notizia per l’Ungheria, visto che la Commissione ha adottato la proposta del Consiglio del 13 marzo 2012 che revoca la sospensione degli impegni del Fondo di coesione per il Paese dopo aver verificato il rispetto degli obiettivi di bilancio.
Insomma in tutta la zona Euro le parole d’ordine restano lotta alla disoccupazione, disciplina fiscale e rilancio della crescita, obiettivi facili da dire ma non certo da raggiungere. Ecco che allora tra le principali tappe indicate dalla Commissione europea rientra anche “un’unione economica e monetaria a tutti gli effetti, comprendente un’unione bancaria: vigilanza finanziaria della zona euro e garanzie sui depositi per tutta la zona euro”. A questo proposito il Presidente della Commissione José Manuel Barroso è stato perentorio: “Se lasciamo ai singoli Paesi” la risoluzione della crisi “non si va da nessuna parte”. Un processo non facile visto che richiederebbe anche di tener conto di questioni giuridiche quali “le modifiche del trattato e le modifiche costituzionali” senza dimenticare l’accordo tra i vari Stati Ue. Allo scorso summit europeo informale, infatti, le divergenze di vedute su questioni come gli Eurobond tra Francia e Germania si erano palesate chiaramente, con i due poli a fare a gara per accaparrarsi quanti più consensi possibili tra gli altri Stati membri.
Adesso analisi e raccomandazioni della Commissione finiranno sul tavolo del Consiglio europeo del 28 giugno che dovrà decidere una volta per tutte che direzione dare alla salvezza dell’Eurozona e concedere eventuali deroghe o aiuti ai Paesi oggi in difficoltà (Grecia e Spagna). A Bruxelles si dice (o si spera) che questo sarà l’appuntamento decisivo.