E’ stato congelato l’emendamento, in discussione con il disegno di legge sulla corruzione, che non permette ai politici “scartati” di ricoprire incarichi dirigenziali nella Pubblica amministrazione, se non dopo uno stop di 3 anni. Nonostante il resto dell’articolo 4 sul codice etico per i dipendenti pubblici sia stato approvato dalla Camera (dovrà poi essere varato dal Governo), manca la norma che era stata presentata nei giorni scorsi dallo stesso ministro per la Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi. E’ stata infatti accantonata, come ha annunciato la relatrice del provvedimento Iole Santelli(Pdl). La questione resta comunque aperta e il ministro Patroni Griffi ha dato la propria disponibilità a rivederla.
La discussione alla Camera riprenderà la prossima settimana alla Camera. Dopo il via libera all’articolo 4, la discussione riprenderà sugli emendamenti all’articolo 5.
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L’incompatibilità per gli ex candidati. La norma, come detto, prevede una delega al governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali. Nel testo originale prevede l’impossibilità per un candidato o per un ex parlamentare di ricoprire incarichi dirigenziali nella Pubblica Amministrazione se non dopo uno stop di tre anni. Inoltre, secondo la prima stesura proposta da Patroni Griffi, tra i criteri ai quali il governo si deve attenere nell’emanazione dei decreti attuativi della legge delega c’è anche quello di “disciplinare i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un periodo non inferiore ai tre anni, antecedente al conferimento, abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico, abbiano rivestito incarichi pubblici elettivi o siano stati candidati agli stessi incarichi escludendo in ogni caso il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o incarichi pubblici elettivi, nel periodo immediatamente precedente al conferimento dell’incarico, comunque non inferiore a tre anni. I casi di non conferibilità vanno graduati in rapporto alla rilevanza degli incarichi di carattere politico svolti”. C’è da capire però il destino di questa norma, soprattutto come verrà riformulata.
Stop ai regali agli statali. E’ passata invece alla Camera la norma che mette lo stop ai regali agli statali. La Camera ha dato disco verde alla proposta delle commissioni. Questa modifica prevede il divieto per tutti i dipendenti pubblici di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia. Una previsione che va a completare si aggiunge il Codice etico introdotto dal Governo per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, formulato dal ministro. Sul punto i centristi, con Pierluigi Mantini, avevano chiesto di includere nel divieto di ricevere “doni” per gli amministratori pubblici e di introdurre un tetto massimo di 300 euro ai “regali d’uso”. Il testo tuttavia era passato in commissione solo dopo una riformulazione. Mantini aveva commentato: “Peccato, volevo che non si ripetessero episodi come le cozze pelose o le vacanze su yacht di lusso”. In aula Mantini ha quindi ritirato la proposta in base all’impegno del Governo di dare parere favorevole ad un ordine del giorno sulla materia.
I veti incrociati e lo stallo in commissione. Intanto il percorso del disegno di legge, dopo le continue tensione delle scorse settimane (con accuse incrociate e la valanga di interventi dei parlamentari Pdl), ha conosciuto un percorso difficile anche stamani. Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia sono rimaste bloccate per alcune ore e la seduta d’aula è stata anche sospesa sul nodo degli arbitrati. Dopo aver approvato ieri un emendamento che vieta alle toghe e agli avvocati dello Stato di partecipare ai collegi arbitrali, un emendamento del Pd ha introdotto il divieto di ricorrere all’arbitrato nelle controversie relative a concessioni ed appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una pubblica amministrazione. Anche in questo caso il Pd ha fatto marcia indietro, ma l’Idv ha deciso di riproporlo. L’impasse è stata superata attraverso una riformulazione del testo.
Casini: “No a rinvii”, Cicchitto: “Avanti, ma non alla cieca”. I continui attriti, soprattutto all’interno della maggioranza che sostiene il governo, si replicano anche con dichiarazioni incrociate. Da una parte il leader dell’Udc Pierferdinando Casini mette in chiaro che “non sono applicabili tecniche dilatorie: diremo no a qualsiasi rinvio dell’esame del provvedimenti. “Possiamo avere opinioni diverse – spiega – sono fisiologiche, ma ci deve essere una presa di posizione comune, questo provvedimento deve andare avanti, non possono essere applicate a tecniche dilatorie. Guai se il Parlamento verificasse che non riesce ad affrontare questo tema”. Le reazioni all’uscita dell’ex presidente della Camera sono in stile “schiaffo del soldato”.
Video – la lite tra Casini e Cicchitto
Dalle parti del Pd il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini chiarisce che “per noi è ovvio e scontato: noi siamo qui per andare avanti nel calendario dei lavori fino alla conslusione del provvedimento senza nessun rinvio”, mentre il responsabile Giustizia Andrea Orlando esclude che “Casini si riferisse al Pd: noi abbiamo determinato l’andamento positivo dei lavori del provvedimento anti corruzione fino a qui e ora vedremo cosa succede nei prossimi passaggi”. Risponde anche Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera: “Non so a chi si riferisse l’onorevole Casini, ma noi siamo impegnati ad approvare il provvedimento. Non alla cieca ovviamente. Noi siamo seriamente impegnati per approvarlo, ma se si ritiene che bisogna approvare alla cieca cose che fanno danni e guasti alla Pubblica Amministrazione, noi non ci stiamo, non lo facciamo. Facciamo un lavoro serio che riguarda i diversi articoli, non a caso alcuni sono stati rinviati alle Commissioni”.
Resta il giudizio tranchant del presidente dell’Italia dei Valori Antonio di Pietro: “Stiamo assistendo in aula a un atteggiamento ridicolo da parte dei gruppi di maggioranza, che ritirano i loro emendamenti perché sanno che non glieli voterebbero. Il risultato e’ una legge ipocrita che legittima ancor di più la corruzione e il malaffare”. “Oggi Pd e Pdl hanno ritirato i loro emendamenti perché sapevano che l’altro gruppo di maggioranza non li avrebbe votati: il risultato è che Pd, Pdl e governo hanno ritirato gli emendamenti per non disturbare gli altri e siccome non c’è una maggioranza politica che sostiene l’esecutivo ma devono far vivere il governo, stanno facendo una legge ipocrita”.
Governo battuto su emendamento Idv. Il governo è stato anche battuto su un emendamento dell’Idv. In realtà la proposta di modifica era targato Pd, ma l’esecutivo aveva espresso su questa parere negativo e quindi è stata ritirata dai democratici. A quel punto l’emendamento è stato fatto proprio dal partito di Antonio Di Pietro e ha ricevuto l’appoggio dei voti del Pd (e non del Pdl come era emerso in un primo momento. Risultato: 237 sì e 233 no. Favorevoli Pd, Italia dei valori, Lega nord, Api ed Mpa, 6 deputati del misto e due di Popolo e territorio. Contrari invece Pdl, Udc, Fli, 15 del gruppo misto, dieci di Popolo e territorio e tre del Pd. Astenuti, infine, 17 deputati Pd e tre del gruppo misto. La proposta di modifica approvata recita: “L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”.
Video – Di Pietro: “Legge ipocrita”
Trasparenza degli appalti. Fra le proposte di modifiche approvate ce ne sono due significative. La prima è legata alla trasparenza degli appalti: i dati essenziali di ogni amministrazione pubblica su opere e appalti saranno raccolti in file riepilogativi e rielaborabili aperti ai cittadini, che potranno così accedere alle informazioni a garanzia della trasparenza nella Pubblica amministrazione. L’emendamento prevede che “le stazioni appaltanti” pubblichino “nei propri siti istituzionali la struttura proponente, l’oggetto del bando, l’elenco degli operatori invitati a presentare l’offerta, l’aggiudicatario e l’importo di aggiudicazione, i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura, l’importo delle somme liquidate”. Entro il 31 gennaio di ogni anno tali informazioni, che riguardano l’anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in modo da consentire di analizzarne e rielaborarne, anche a fini statistici, i dati informatici.