E’ una situazione inverosimile e costituzionalmente insostenibile quella che si è venuta a creare in relazione alle nomine dei membri e Presidenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Garante privacy.

Lo Stato è in gravissimo ritardo e le due Autorità cui la legge affida compiti e funzioni di straordinaria rilevanza sono, ormai da settimane – oltre un mese per quanto riguarda il Garante Privacy –in regime di prorogatio ovvero costrette a limitarsi a svolgere attività di ordinaria amministrazione.

Sono, quindi, Autorità “a mezzo servizio”.

La responsabilità di tale situazione è esclusivamente da addebitare al Governo e al Parlamento che, sin qui, non hanno trovato il tempo di occuparsi della questione o, più realisticamente, non hanno trovato l’accordo sulle modalità di spartizione e lottizzazione politica delle nomine da effettuare.

E’ una situazione gravissima che espone il Paese a possibili contestazioni da parte dell’Unione Europea il cui ordinamento impone il costante funzionamento “a pieno regime” delle due Authority e, soprattutto, al rischio di ingovernabilità di numerosi settori strategici per la vita economica del Paese e per la tutela dei cittadini, consumatori ed utenti.

Una brutta storia italiana.

Una vicenda che proietta un’ulteriore pesante ombra sulla capacità del Governo dei professori di gestire il Paese e che conferma che, anche il Parlamento, ormai, procede come una scolaresca nelle ultime settimane di scuola, in un clima di svogliatezza dilagante e di sostanziale incapacità di anteporre gli interessi del Paese ai calcoli politici volti a garantire poltrone, poltroncine e predellini a chi, tra qualche mese, potrebbe non trovare più posto a Montecitorio.

L’ultimo atto di questa interminabile epopea della politica, lo ha messo nero su bianco, il Segretario Generale della Presidenza del Consiglio, in una lettera indirizzata a Open Media Coalition lo scorso 25 maggio. 
E’ l’ultima pagina – ancor più buia delle precedenti – di una storia nella storia: quella dei ripetuti tentativi di accesso della società civile agli atti relativi al processo di nomina del Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni.

Val  la pena di ripercorrerla.

Il 12 aprile, Open Media Coalition che riunisce decine di associazioni della società civile e rappresenta centinaia di migliaia di cittadini, chiede al Presidente del Consiglio di accedere ai curricula dei candidati alla carica di Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni.

Il 2 maggio, Monti risponde, dicendo che non ha ancora avviato nessun procedimento di nomina perché, il mandato di Corrado Calabrò – attuale presidente, oggi in prorogatio – scadrà solo il successivo 8 maggio. Singolare e di dubbia legittimità che ad un pugno di giorni dalla scadenza di un mandato come quello di Presidente dell’Agcom, il Governo non si sia preoccupato di avviare il procedimento per la nomina del nuovo Presidente.

Il 9 maggio – giorno successivo alla scadenza del mandato – Open Media coalition reitera la sua istanza: la società civile torna a chiedere a Palazzo Chigi di accedere ai curricula dei candidati alla presidenza dell’Authority.

Oggi la risposta che lascia, davvero, senza parole. “Si informa che questa Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha avviato il procedimento di nomina del Presidente dell’Autorità in parola né esaminato, in quanto non deteenuti, atti comprovanti i curricula degli eventuali candidati per ricoprire l’incarico suddetto”.

Ad oltre 20 giorni dalla scadenza del mandato del vecchio Presidente dell’Autorità Garante per le Comunicazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha, dunque, ancora neppure iniziato il procedimento di nomina del suo successore.

Risibile, grave, inaccettabile e costituzionalmente insostenibile la giustificazione del Premier secondo il quale, ciò sarebbe dovuto al fatto che il mandato dell’ormai ex Presidente sarebbe in regime di prorogatio e che tale periodo di proroga straordinaria delle funzioni sarebbe destinato a durare sessanta giorni. La prorogatio – ma a Palazzo Chigi dovrebbero saperlo bene – è un istituto del tutto straordinario che vale a porre il Paese al riparo da pericolosi ed insostenibili vuoti di potere laddove, per ragioni del tutto straordinarie lo Stato – Parlamento e Governo in questo caso – non riescano a nominare i nuovi membri o Presidenti di una Authority in tempo utile, prima della scadenza di quelli uscenti.

E’ già grave che il Governo ed il Parlamento non siano riusciti – in assenza di qualsivoglia ragione straordinaria – a nominare i nuovi membri e Presidenti delle Autorità entro la data della loro naturale scadenza nota da sette anni, ma è inaccettabile e del tutto privo di qualsivoglia fondamento giuridico e costituzionale che Palazzo Chigi non abbia ancora neppure avviato il procedimento di nomina del nuovo Presidente, quando, ormai, il mandato del precedente è scaduto da quasi un mese.

Quali sono le ragioni che hanno precluso al Premier ed al Ministro dello Sviluppo economico di individuare il nuovo Presidente dell’Authority? Quali gli impegni istituzionali improrogabili e più urgenti della nomina del nuovo Presidente dell’Authority hanno precluso al Premier ed al Ministro competente di compiere il loro dovere?

Scorrendo l’agenda dei due è difficile ritenere che sia mancato il tempo per avviare, attraverso i propri uffici, un procedimento di valutazione dei candidati e di compiere una scelta.

I curricula dei candidati – o almeno di quelli sin qui noti ai media – sono stati resi disponibili online proprio da Open Media Coalition ormai da settimane e sono, egualmente, settimane che negli ambienti vicini a Palazzo Chigi circolano nomi e suggerimenti per il prossimo Presidente dell’Authority, con tanto di valutazioni di gradimento del Premier e degli altri decisori istituzionali e non.

E’ ora di mettere un punto a questo modo di fare. Le nomine dei membri e dei Presidenti delle Authority non sono un fatto secondario nel governo del Paese né una questione affidabile agli umori, al precario equilibrio politico o a fantasiose interpretazioni giuridiche dei membri del Governo e del Parlamento.

Esistono regole, termini, procedimenti – anche se pochi – e scadenze da rispettare.

Se Palazzo Chigi non è in grado di fare il suo dovere ha, almeno, l’obbligo di spiegarne le ragioni senza reticenze e senza pretendere di far passare un ritardo tanto grave come la regola o la normalità. Lo Stato – e per esso Governo e Parlamento – oggi sono fuori legge per aver colpevolmente lasciato scadere il termine per adempiere ad un loro improcrastinabile dovere. Il Paese è ormai da settimane senza un’Autorità garante per la privacy e senza un’Autorità garante per le comunicazioni, capaci di adempiere alle loro funzioni.

Se questo è un Governo, si potrebbe scrivere parafrasando Levi.

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