Le tasse di iscrizione nelle università inglesi triplicano. E gli studenti scappano in massa. Gli ultimi dati ufficiali, diffusi dopo il termine ultimo del 30 aprile per le iscrizioni, lo dimostrano: in un anno, il numero delle domande di accesso agli atenei è diminuito del 9%. Il calo è particolarmente alto per le materie artistiche, meno 16%, e per le attività umanistiche in generale, con una diminuzione generalizzata del 14%. Le università che portano quindi a lavori meno pagati e meno sicuri, quindi, soffrono di più. Tengono invece facoltà come medicinaingegneria e medicina, per le quali il calo è stato di circa il 2%. Ora Sally Hunt, segretaria generale del sindacato degli insegnanti universitari, attacca: “Questo dato non ci stupisce. La decisione del governo Cameron di fare dell’Inghilterra il paese più caro al mondo per quanto riguarda le università pubbliche sta avendo il suo effetto”.

Dal prossimo autunno, infatti, le tasse universitarie passeranno dalle circa 3mila sterline annue a 9mila. Non tutti gli atenei aderiranno, ma la maggior parte ha comunque già fatto sapere di aver rivisto al rialzo le tariffe, anche a causa dei tagli all’istruzione pubblica del governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici, che sta lasciando la formazione universitaria priva delle necessarie risorse. In Scozia, dove il governo ha praticamente abolito le tasse e dove quasi tutte le università sono gratuite, il calo degli studenti è stato di appena il 2%, secondo commentatori e analisti dovuto soprattutto alla crisi economica. Anche in Galles, dove le tasse sono state mantenute ai livelli dell’anno accademico 2011/2012, e quindi a circa 3mila sterline all’anno, la diminuzione è stata molto più contenuta rispetto a quella registrata in Inghilterra. Hunt ora accusa il governo Cameron di “sconsideratezza”. A colpire il segretario del sindacato degli insegnanti soprattutto il dato relativo al crollo delle facoltà umanistiche, considerate “comunque importanti e fondamentali per il progresso del Regno Unito“. Per quanto riguarda la composizione degli studenti, calano anche quelli provenienti dal resto dell’Europa, passati in un anno da 45.727 a 39.966, una diminuzione del 13%. Nessuna diminuzione, invece, per quanto riguarda il numero delle domande provenienti da paesi extraeuropei, ma si parla comunque di cifre ridotte. Considerando gli studenti britannici – passati da 550.147 a 501.267 – invece il calo è stato del 9%. Di contro, più a nord, in Scozia, alcune facoltà hanno persino fatto registrare un aumento degli iscritti, anche dell’1%, un dato in netta controtendenza con la parte meridionale del Regno Unito.

Una analisi dell’Higher Education Funding Council, un ente governativo, l’anno scorso aveva messo in luce che molte famiglie inglesi stanno pensando di trasferirsi in Scozia, dove l’istruzione universitaria è praticamente gratuita, per consentire ai propri figli di studiare senza indebitarsi. Il sistema del credito per motivi di studio, nel Regno Unito, è molto sviluppato. Gli studenti già prima dell’aumento delle tasse erano soliti ricorrere a banche e finanziarie private per avere quei fondi necessari a pagare le “fees”. Un sistema che comunque indebita per anni gli studenti, che poi, una volta ottenuto un lavoro abbastanza remunerativo, dovranno restituire tutto a tassi di interesse abbastanza alti. Nel novembre del 2010 e nella primavera del 2011, Londra fu interessata dalle proteste studentesche contro l’aumento delle quote di iscrizione. Ci furono anche scontri e tafferugli con la polizia, ma poi tutto passò in tono minore, visto il sostanziale appoggio del sindacato degli studenti alle politiche di Cameron. Un sindacato ancora diviso, comunque, dalle mille anime. E con iscritti dai portafogli sempre più vuoti.

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