Romeo e Giulietta, l’amore ai tempi della malattia. Giovani, carini e innamorati, Giulietta (Valérie Donzelli) e Romeo (Jérémie Elkaim) hanno un bambino, Adam: tutto bene, finché non inizia a vomitare copiosamente, tenere la testa inclinata di lato e non camminare.
In breve, ha un tumore al cervello: con famiglia e amici al seguito, ma progressivamente più soli, Romeo e Giulietta iniziano la lotta per la vita, per Adam, da Marsiglia a Parigi, con operazioni, chemioterapie e attese. E il tumore è un rabdoide: speranza di guarigione al 10%.
Da oggi in sala con la Sacher di Nanni Moretti, è La guerra è dichiarata diretto dalla Donzelli e da lei interpretato al fianco di Elkaim: sullo schermo come nella vita, perché è la loro vera storia e l’Adam a 8 anni è loro figlio, Gabriel. Fuori concorso a Torino e prossimamente in sala con la Sacher di Moretti, girato con una macchina fotografica digitale (Canon EOS), già candidato dalla Francia nella corsa agli Oscar, la guerra dichiarata è occasionalmente quella all’Iraq, ma, ovviamente, è un’altra: quella contro la malattia, quella contro le malattie che comporta, in primis, nello stare insieme.
“Non è più autobiografico dei film realizzati da altri registi – sottolinea la Donzelli -. Credo che qualunque cosa il cinema racconti abbia sempre una matrice personale”. Eppure i cortocircuiti si sprecano, non a caso, la sceneggiatura è tratta dal diario che, al tempo della malattia del figlio, Valérie teneva “a ricordo delle cose da fare, degli appuntamenti coi dottori e dei sentimenti che allora provavo”. In effetti, è dura, durissima, e Romeo chiede: “Perché a noi, perché ad Adam?”. “Perché noi ce la possiamo fare”, risponde Giulietta, e pesa come una piuma su un gioiello di film, che parla di malattia, ma soprattutto guarigione, speranza, libertà.
L’hanno girato letteralmente in casa, con occhio lucido, zero ricatti e stile fichetto ma di sostanza, scrivendo la sceneggiatura a quattro mani e due – più una – vite, ma senza farne un dramedy privato: spazio, dunque, al paradigma (Romeo e Giulietta), alle incursioni musical (colonna sonora da brividi, con la classica di Delerue, Bach, Vivaldi, La cosa buffa di Morricone, e poi Laurie Anderson, Yuksek e Sebastien Tellier), all’enfasi mélo, a sparute zona d’ombra (parenti con qualche stereotipo, Iraq e Fronte Nazionale in dialoghi risparmiabili) e, infine, a una spiaggia di resurrezione, quella che Malick avrebbe voluto – non ce l’ha fatta – in The Tree of Life. Perché anche questo è un albero della vita, piantato nell’orticello di casa e cresciuto al sole del Cinema: non per augurare una simile esperienza, ma chi in Italia saprebbe fare altrettanto? Semplice, nessuno.
Viva la Francia, e, per una volta, viva la Guerra! Non solo, viva l’Amore, perché – conclude la Donzelli – “i film pongono tutti una sola domanda: ma l’amore esiste?”.