Dal palco di Bergamo il Senatùr annuncia che non andrà in pensione. Le parole del segretario provinciale della Valcamonica ("Basta trote e pantegane") applaudite dalla folla. L'eurodeputato in procinto di essere eletto alla guida del partito in Lombardia
Bossi rimane, in corpo più che in spirito, anche nella Lega 2.0 targata Maroni. Lo ha ribadito anche questa mattina al congresso nazionale del partito, in un intervento tutto incentrato sulla rinascita nel segno della continuità: “Noi non andiamo in pensione, è vietato andare in pensione a chi ha dimostrato capacità, così starò qui anch’io a lavorare”. Bossi, in apertura ha anche ribadito che “Maroni è una mia creatura, lo conosco da quando era piccolo così, poi la Lega lo ha messo sotto la lente di ingrandimento e lo ha fatto diventare grande”.
Così, nella giornata d’avvio della stagione congressuale della Lega Nord, il partito ha mostrato ancora tutta la sua debolezza. Al bar del Palacreberg i capannelli di delegati e le facce dei militanti raccontano molto più di tante parole. C’è l’amarezza di molti per le parole dure pronunciate da Roberto Calderoli nel suo intervento di venerdì sera. C’è la delusione di chi si aspettava annunci scoppiettanti. Ci sono gli strascichi di mesi di lotte interne. E poco contano gli appelli all’unione e alla distensione. La Lega è ancora divisa e lo si è capito dagli interventi dei delegati e dei segretari provinciali, come Enzo Antonini, segretario provinciale della Valcamonica, che ha esortato a gran voce il movimento a liberarsi dei fantasmi che hanno costretto la Lega all’angolo con una frase che vale molto più di mille giri di parole: “Basta trote e pantegane”.
Le difficoltà della Lega sono emerse tutte nell’intervento del bossiano Cesarino Monti, candidato alla segreteria nazionale contro Matteo Salvini, poi risultato vincitore della sfida per la poltrona della segreteria della Lombardia. Ha parlato dal palco coperto dai fischi e dai rumoreggiamenti dei sostenitori del suo avversario: “La Lega non è un postificio, il cancro della Lega sono le persone che entrano per avere i posti”, sottolineando che “la Lega non è più una famiglia unita”, per scagliarsi poi contro il presenzialismo di Salvini e concludendo con un appello decisamente evocativo: “Smettetela di scrivere su quel cazzo di Facebook“, prendendosela indirettamente anche con Roberto Maroni, che negli ultimi mesi di facebook ha fatto il proprio canale di comunicazione principale.
Sul palco è salito anche Roberto Maroni e ha chiesto alla Lega di voltare pagina: “E’ arrivato il momento di elaborare il lutto, basta piangerci addosso, dobbiamo decidere che cosa fare da qui in avanti per vincere la battaglia storica iniziata tanti tanti anni fa”. Maroni ha battuto ancora il chiodo della lotta all’Imu, lanciando una manifestazione per il prossimo 17 giugno, finendo per prendersela con Beppe Grillo e il suo esercito di “incapaci”, esaltando il ruolo dei “guerrieri” padani.
Alla fine tra Cesarino Monti e Matteo Salvini ha vinto la scelta più scontata. Al termine della due giorni congressuale di Bergamo, l’eurodeputato è stato eletto segretario nazionale della Lega Lombarda, che ha anche annunciato che si dimetterà dal consiglio comunale di Milano, per dedicare più tempo al partito. La vittoria di Salvini è il primo passo del percorso di Roberto Maroni verso controllo del partito. Domani a Padova ci sarà un altro appuntamento importante di questo percorso, con il congresso del Veneto che vede opposti Flavio Tosi e Massimo Bitonci. La partita decisiva è per fine mese, quando si eleggerà il successore di Umberto Bossi.