L'accusa aveva chiesto la pena di morte. La decisione dei giudici è stata accolta da scene di esultanza, ma anche di protesta. Nella capitale ci sono stati feriti e arresti. Trasportato nel carcere di Tora il detenuto, dopo essersi rifiutato di scende dall'elicottero, è stato colpito da un malore e ammesso nell'ospedale della prigione
Fine pena mai. L’ex presidente dell’Egitto, Hosni Mubarak, è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale del Cairo. Per il rais, in carica consecutivamente da 30 anni fino al febbraio 2011, l’accusa aveva chiesto la pena di morte. Mubarak, 84 anni, doveva rispondere di accuse gravissime come la corruzione, ma soprattutto di aver ordinato di sparare contro i manifestanti pacifici della rivoluzione del 25 gennaio. Carcere a vita anche per Habib al-Hadly, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno. Anche per lui l’accusa aveva chiesto la pena capitale. Gli avvocati dell’accusa sono saliti sui tavoli del tribunale scandendo gli slogan: “Fuori, fuori” e “Il popolo vuole che la magistratura sia ripulita”. All’esterno dell’aula centinaia di manifestanti stanno saltando e ballando mostrando la bandiera egiziana e mostrando il cappio dell’impiccagione. Il processo era iniziato il 3 agosto scorso in un clima di grande tensione. L’ex presidente, come oggi, era arrivato in aula sotto pesante scorta armata e in un’autoambulanza.
L’ex presidente, arrivato in elicottero in aula, ha accolto il verdetto immobile. Disteso su una barella, con lo sguardo coperto da occhiali da sole e vestito con una tuta beige, l’ex ras è apparso notevolmente dimagrito nellei immagini trasmesse dalla televisione di Stato egiziana e rilanciate dalle maggiori emittenti satellitari. Le sue dimissioni erano arrivate nel febbraio dello scorso anno dopo un lunghissimo braccio di ferro e dopo il massacro della popolazione civile. E anche oggi le proteste con feriti, almeno una ventina, e arresti non sono mancate e in piazza Tahrir sono diecimila le persone arrivate a manifestare.
Il verdetto è stato accolto da gioia ma anche molte proteste. Sono scattate scene di esultanza non appena il presidente della Corte ha letto il dispositivo fra le migliaia di persone che da questa mattina si sono raccolte all’esterno dell’aula bunker per seguire l’atteso verdetto. Ma altrettanti si aspettano un verdetto ancora più duro: “La sentenza del popolo è la morte” recitava uno dei cartelli alzati dai familiari delle vittime. La polizia è intervenuta fuori e dentro l’aula per placare le contestazioni nei confronti della Corte. Una rissa è scoppiata anche dentro l’aula bunker dell’Accademia di polizia al Cairo perché i giudici hanno prosciolto – emettendo un verdetto di non luogo a procedere – Mubarak dal reato di corruzione e abuso di potere. Stessa decisione per i figli Gamal el Ala, perché i reati contestati risalgono a oltre dieci anni fa, per quella che pare l’applicazione della prescrizione. Assolti anche sei responsabili della sicurezza al ministero dell’Interno del governo per la morte di oltre 800 manifestanti durante la rivolta. Le proteste in Egitto erano partite nel gennaio del 2011 e gli egiziani avevano occupato per giorni piazza Tahir divenuta simbolo della rivolta pagata a carissimo prezzo dai molti egiziani. Assoluzione quella dei funzionari che lascia l’amaro in bocca anche all’organizzazione per la difesa dei diritti umani Amnesty International: “Il processo e la sentenza di oggi lasciano le famiglie di chi è stato ucciso, così come di chi è stato ferito durante le proteste, nel buio rispetto alla verità di quello che è accaduto ai loro cari”, ha detto Ann Harrison, vice direttore di Amnesty per il Medioriente e il Nord Africa. “Le autorità egiziane devono ora creare una commissione indipendente e imparziale in grado di colmare il vuoto che la Corte ha lasciato”.
Mubarak è stato portato nel carcere di Tora, dove fu anche detenuto l’imam Abu Omar, sequestrato in Italia e per cui sono finiti sotto processo agenti della Cia e i vertici del Sismi. Il detenuto, in lacrime, all’inizio si è rifiutato di scendere dall’elicottero e a fatica è stato convinto a scendere per entrare nella prigione ammesso all’ospedale del carcere. Mubarak appare provato ma non scosso. L’84 enne era stato colpito da una crisi cardiaca. Anche i due figli rimarranno nella stessa prigione perché coinvolti in altri due procedimenti per corruzione e malversazione. La Procura Generale egiziana ha ordinato il trasferimento dell’ex presidente nel carcere dove resterà detenuto nell’ala sanitaria. Finora l’ex rais era rimasto ricoverato presso il Centro Medico Internazionale della capitale, allontanandosene solo per presenziare alle udienze, benché le autorità carcerarie avessero a più riprese assicurato di essere perfettamente in grado di garantirgli l’assistenza medica necessaria. Nel frattempo l’avvocato Yasser Bahr, portavoce del collegio difensivo, ha annunciato che il suo assistito presenterà appello, giacché “il verdetto è zeppo di vizi legali da ogni parte”, ha sottolineato. Alla domanda se ritenesse che il ricorso possa sortire esito favorevole, il legale ha subito risposto, secco: “Vinceremo, è sicuro al milione per cento”. Anche l’accusa ricorrerà in appello.
“Il verdetto di oggi ci delude tutti” dice Ahmed Abdel-Ati, coordinatore della campagna presidenziale del candidato dei Fratelli Musulmani, Mohamed Mursi, sulla pagina Facebook del Partito di Libertà e Giustizia. Tramite il social network l’esponente islamico ha quindi promesso un nuovo processo che possa soddisfare pienamente il popolo egiziano. Per i Fratelli Musulmani il verdetto è una “farsa” e Mursi dice il processo “dovrà essere rifatto per giungere alla giusta punizione degli imputati”. La protesta è scattata soprattutto sulle assoluzioni dei collaboratori dell’ex ministro dell’Interno e il non luogo a procedere per corruzione nei confronti dei figli di Mubarak. Per molti è fortissima la delusione per la decisione della la Corte. Il cui presidente, il giudice Ahmed Refaat, ha difeso la Rivoluzione del 25 gennaio e i manifestanti che sono scesi in piazza per difendere i diritti umani di base. “I manifestanti sono scesi in piazza per chiedere dignità e un lavoro che permettesse di ottenere un salario minino alla propria famiglia” ha detto. La rivoluzione “esplosa dopo 30 anni di buio si è svolta in modo pacifico e ha illuminato il Paese mostrando il suo lato positivo”. Refaat ha poi motivato l’assoluzione dei sei collaboratori di Adly dicendo che “le comunicazioni tra gli imputati per dare l’ordine di uccidere manifestanti durante la Rivoluzione non sono state provate e alcune delle prove sono state manipolate prima di giungere in Tribunale”.
Intanto il padre di una delle vittime, Ahmed Mustafa, è morto per un infarto dopo aver udito il pronunciamento della Corte penale del Cairo. A riferirlo il quotidiano britannico ‘Guardian’ che cita fonti delle famiglie delle vittime della rivoluzione. “Il padre del martire Ahmed Mustafa è morto per un attacco di cuore dopo aver udito il verdetto” del processo a Mubarak, si legge su Twitter.