Nelle ultime settimane ho rarefatto le mie letture sugli affari italiani ed europei. Non solo per mancanza di tempo, ma anche per nausea: in Italia si concentrano eccessive (a mio avviso) speranze di cambiamento su movimenti che devono ancora dimostrare di essere meglio delle delusioni dell’ultimo ventennio; e sull’Europa il “dibattito” (se così si può chiamare) rasenta l’assurdo.

Scorrendo la letteratura dominante in campo economico (guarda caso di matrice anglosassone) pare che tutto vada a gonfie vele oltreatlantico e oltremanica mentre tutto va male in Europa – o meglio nella zona Euro. La versione aggiornata dell’app del Financial Times ha persino reintrodotto lo slogan We live in financial times, che era più o meno scomparso dall’inizio della crisi. Insomma, tutto dimenticato, ci si scatena sull’Euro come causa di tutti i mali e si ricomincia daccapo senza aver cambiato granché delle pratiche finanziarie e bancarie che hanno scatenato la crisi del 2008, per chi l’avesse dimenticato crisi finanziaria nata oltreoceano. Par di risentire il buon vecchio continent isolated by fog, il continente (europeo) isolato dalla nebbia. Tutto dipende dal punto di vista.

Come se non bastasse, i giornalisti di tutte le nazionalità adorano espressioni imbecilli come “Grexit”, in una sorta di sindrome di Tafazzi collettiva che appesta qualunque giornale si tenti di leggere.

Un’altra bestialità dominante nella stampa recente è che “finalmente” si parla di crescita e non solo di austerità. I giornalisti di stanza a Bruxelles (apparentemente sempre di meno, e si vede) dovrebbero tuttavia sapere che qui si è sempre parlato di crescita. Ne ho accennato in tempi non sospetti in questo blog.

La “strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e solidale” vi pare una misura di austerità? Sono tre volte crescita: intelligente, sostenibile e solidale. Ebbene, questa strategia (cioè dove vogliamo arrivare e come arrivarci) è stata presentata dalla Commissione europea nel marzo 2010 e approvata dai capi di Stato e di governo dei paesi dell’Ue nel giugno 2010. Correggetemi se sbaglio, ma all’epoca Hollande non era ancora entrato in scena scatenando l’euforia dei giornalisti del continente (e la paura dei mercati) più che una star a Cannes.

Certo, fanno vendere più copie previsioni catastrofiche (la buona, vecchia paura) o voyeurismi oltralpe (ci piace così tanto Hollande, con la sua “novità” della crescita, che quasi quasi facciamo il presidenzialismo anche noi!) che solide analisi magari controcorrente.

Del resto, per mettere in atto Europa 2020 bisogna rimboccarsi le maniche; per promettere crescita basta fare conferenze stampa.

Continuiamo così: facciamoci del male.

Disclaimer: Come riportato nella bio , il contenuto di questo e degli altri articoli del mio blog è frutto di opinioni personali e non impegna in alcun modo la Commissione europea.

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