In mezzo al caos del post sisma ci sono anche imprese che resistono di fronte agli stabilimenti danneggiati e alla produzione bloccata. Idea ceramica, Gambro, B Braun, Cima s.p.a.: "Mettiamo in sicurezza tutto e ripartiamo presto. La nostra vita è qua"
Delocalizzare all’estero o in altre parti? “Una cagata – esclama Vacondio – conviene stare qua. Invece di portare via le fabbriche, perché non impariamo a costruire per reggere scosse ancora più grosse delle ultime? Magari l’antisismico potrebbe diventare un settore d’avanguardia italiano”. Sempre a pensare al lavoro questi emiliani.
Ora ci sono a lavoro solo impiegati, addetti alle consegne e operai di altre ditte che stanno controllando la condizione delle strutture. Dentro lo stabilimento ci si passa il meno possibile, almeno per ora. “Se un imprenditore aveva il capannone instabile e ci ha fatto entrare della gente – dice Vacondio riferendosi agli operai morti nelle due scosse – questa è una sua responsabilità. Un ingegnere ci pensa bene prima di dare il suo assenso per l’idoneità statica”.
A proposito di delocalizzazione. Poche centinaia di metri più in là alla J-colors, marchio leader per la produzione di vernici, una quarantina di operai all’alba di venerdì ha iniziato un picchetto davanti all’azienda chiusa. La paura è che la fabbrica si trasferisca definitivamente a Lainate, dove c’è già un altro stabilimento. Nel pomeriggio tuttavia, grazie alla protesta, gli operai finalesi strappano all’azienda la promessa di non scappare. “Noi vendiamo vernici destinate al settore edilizia e questo è il momento migliore dell’anno. Se ritardiamo le consegne rischiamo di perdere il cliente che non si recupera più. Entro il 1 settembre potremmo ripartire a Finale. Non avevamo mai pensato a fuggire”, spiegano dall’azienda a ilfattoquotidiano.it.
Anche a Mirandola, 25 chilometri verso Modena, per ora sembra che le aziende non vogliano scappare. “Dopo la scossa del 29 abbiamo temuto, perché il centro della nostra città è stato sventrato e l’80 % delle fabbriche ha subito danni più o meno gravi – ha detto il sindaco, Maino Benatti – tuttavia in queste ore sto ricevendo molte rassicurazioni. Credo che alla fine non verremo abbandonati”.
La Gambro, la B Braun, la Cima s.p.a. Molte delle imprese più grosse del territorio, aziende da centinaia di posti di lavoro e fatturati importanti, hanno già confermato di essere alla ricerca di soluzioni temporanee per non spostare la produzione, o di essere pronte, sopralluoghi permettendo, a ripartire subito. “La nostra vita è qua”, hanno risposto molti imprenditori all’appello del sindaco, che lunedì, solo il giorno prima della scossa, aveva già espresso il timore che la popolazione e il tessuto economico locale si sgretolassero.
“Rimanere per noi è l’unica cosa da fare, la priorità è cercare di salvare il sito e ricevere velocemente le verifiche dei tecnici, per accedere ai magazzini pieni di merce da consegnare – spiega Giuliana Gavioli, dirigente della B Braun, una delle aziende principali del polo biomedicale – ora stiamo contattando i nostri clienti per capire se dispongono di rifornimenti, su 40.000 pazienti in dialisi in Italia, ben 20.000 saranno influenzati negativamente dal sisma, e dobbiamo fare in modo di limitare i disagi per malati e ospedali. I danni – ha aggiunto la Gavioli – sono stati molto gravi, un conto è sopportare un terremoto, un conto è doverne sopportare due”.
Il sindaco è ancora più chiaro. “La gente qui può sopportare un paio di notti in più in tenda, ma quello che invece ci schiaccerebbe del tutto è la perdita delle nostre fabbriche. Permettere alle aziende di riaprire è una priorità”.
Una questione che stamattina Benatti ha discusso anche con l’ex premier Romano Prodi, in visita a Mirandola. “Le scosse sono state terribili – ha dichiarato Prodi – ma è stato ancora più forte il senso di solidarietà e di civiltà di queste popolazioni. Il problema è ora quello di assicurare un futuro economico a quest’area ed è questo il motivo della mia visita. Ora è necessario evitare ‘fughe’ di aziende ma anche preparare un potenziamento di questo distretto, che già era messo a dura prova dalla concorrenza e dalla globalizzazione”.
di Annalisa Dall’Oca e David Marceddu