Un signore vestito di bianco molto preparato in teologia ma le cui esperienze concrete in materia risultano essere piuttosto scarse, pretende ancora una volta di insegnare al mondo, e in particolare agli Italiani, cui da qualche millennio capita di essere piuttosto vicini alla sede centrale della sua potente ed antica organizzazione, cos’è la famiglia, cos’è il matrimonio e come ci si deve comportare.
Il tutto ha l’aria di una grossa e costosa operazione mediatica, volta a riaffermare il carisma e il ruolo della Chiesa cattolica in un momento in cui è in crisi e dilianata da contraddizioni interne e lotte di potere. La morale familiare e sessuale è da sempre un cavallo di battaglia dei preti, nonostante le ben note e tristi vicende della pedofilia e simili.
Un’operazione però che va denunciata per quello che è. Bigotta e ipocrita.
Ipocrita perché, nel riaffermare l’esclusività del legame fra uomo e donna chiude gli occhi di fronte alla realtà delle nuove famiglie, comprese quelle omosessuali. Voler riproporre una famiglia ideale che non esiste più singifica chiudere gli occhi fronte al dilagare di separazioni, divorzi, coppie di fatto, convivenze multiple che esprimono un radicato e insopprimibile bisogno di libertà ed autodeterminazione individuale.
Ipocrita perché la famiglia diventa spesso un luogo di oppressione e anche di crimini, di cui le principali vittime sono le donne.
Importante da questo punto di vista il lavoro della Relatrice delle Nazioni Unite in materia, Rashida Manjoor, la cui attenzione si è di recente appuntata sul nostro Paese, grazie anche al lavoro di Barbara Spinelli, giovane giurista democratica, che ha redatto, con la collaborazione di altre donne, il Rapporto Ombra sull’applicazione in Italia della Convenzione sulla discriminazione ai danni delle donne. Il Rapporto si sofferma su molteplici aspetti della triste condizione delle donne in Italia, dalle discriminazioni sul lavoro alla mancanza dei servizi sociali, raccomandando in ciascun caso anche precise misure da adottare.
L’aspetto probabilmente più inquietante è costituito dalle uccisioni in famiglia, che risultano essere raddoppiate a partire dagli anni Novanta:
“In Italia, nel 1992 gli omicidi di donne rappresentavano il 15,3 % degli omicidi totali, mentre nel 2006 rappresentavano il 26,6 %.
Negli ultimi tre anni (periodo 2006-2009), le vittime (delle quali si è avuta notizia sulla stampa) di femmicidio in Italia sono state 439.
Solo una minima parte di queste uccisioni (-15%) è avvenuta per mano di sconosciuti. In più della metà dei casi il femmicidio è commesso nell’ambito di una relazione sentimentale, in essere o appena terminata, per mano del coniuge, convivente, fidanzato o ex. Nella restante parte dei casi avviene per mano di altro parente della vittima o comunque di persona conosciuta”.
Questo incremento del femmicidio (termine usato per indicare l’uccisione di donne in quanto tali) è anch’esso espressione di una società in crisi, non solo economica. Bisogna dubitare del fatto che rimbrotti e pistolotti di un vecchio signore vestito a festa riescano a migliorare la situazione. Tanto più che egli fa pienamente parte del sistema che crea ogni giorno le condizioni per la continuazione e l’aggravamento di questa situazione, che ha trasformato spesso la famiglia da luogo di gioia in inferno terreno.
Se infatti alcune sue battute controla “logica unilaterale dell’utile proprio e del massimo profitto” sono condivisibili, come conciliarle con le politiche concrete svolte dalla Chiesa che si avvale di strumenti come lo Ior, il cui gestore Gotti Tedeschi è stato estromesso per divergenze in ordine alle normative antiriciclaggio? O con le modalità di gestione di vari istituti operanti nel campo dei servizi sociali?
L’unico modo per aiutare la Chiesa ad essere veramente tale e a recuperare lo spirito evangelico è certamente quello di procedere all’immediata espropriazione di tutte le sue enormi sostanze, destinandole a un Fondo pubblico internazionale per la salute e l’istruzione, da costituire su scala globale. Un modo non sol0 per colmare i deficit pubblici ma anche per contribuire alla soddisfazione effettiva dei bisogni dell’umanità. E, ovviamente, per sostenere concretamente, e non a chiacchiere, le famiglie. Di ogni tipo.