Non so chi lo abbia notato, ma ieri Google Italia dedicava l’home page alle celebrazioni della Repubblica. La schermata era semplice, molti colori e tre bambini (tra cui una bambina) che sventolavano allegramente la bandiera verde-bianco-rossa.
Ecco qua.
Nelle stesse ore, migliaia di fanti, marinai, avieri, poliziotti, carabinieri, finanzieri, incursori di marina, paracadutisti, bersaglieri, ecc. sfilavano lungo i Fori Imperiali (di mussoliniana decisione, per chi ricorda la storia dell’urbanistica romana) pretendendo di rappresentare l’intero paese e la sua idea di Repubblica nata dalle urne referendarie del 1946. Non c’è qualunquismo in questa considerazione, né antimilitarismo.
C’è solo il dubbio che sia ora di constatare la necessità di un cambiamento.
Non vale neanche la pena di ricordare ai 2000 invitati del ricevimento al Quirinale (ministri, banchieri, amministratori delegati, firme pesanti del giornalismo vecchio e nuovo, personaggi del piccolo e grande schermo, insomma l’élite, la crema della crema di questo frusto stivale in versione 2012) che gli altri 59 milioni 998 mila italiani non saranno mai chiamati a varcare quella porta. E che dunque è parecchio antipatico sostenere che lì si commemora l’inizio della nostra vita comune democratica.
Né serve riandare ai risultati di quel 2 giugno, che aprì i seggi per la prima volta a suffragio universale, chiamandovi anche le donne (votarono 12 milioni di italiane), che registrò i primi maldestri tentativi di depistaggio (i carabinieri pronosticarono al governo la vittoria della monarchia), che vide le regioni del sud schierarsi per il re e quelle del nord per la Repubblica.
Tutto ciò è vero, come è vero che la prima sfilata militare porta la data del 2 giugno 1948, anno delle grandi lacerazioni in casa Italia, e che il 2 giugno 1949, anno dell’entrata dell’Italia nella Nato, di sfilate ne vennero organizzate ben 10 (dieci). Erano i tempi della guerra fredda, e le divise servivano anche da simbolo, o no?
La parata militare per festeggiare la Repubblica fu sospesa nel 1989 (presidenza Cossiga) e ripresa nel 2000 (presidenza Ciampi). Che cosa dimostrano le date? Bah, forse soltanto il fatto che anche Carlo Azeglio ne ha sbagliata qualcuna, di mossa.
Tant’è. Ora la domanda è la seguente, tenendo conto delle giuste obiezioni di molti (anche il 14 luglio in Francia e il 4 luglio in Usa si festeggia): volendo, e dovendo, celebrare un passaggio tanto importante della nostra storia recente comune, non sarebbe meglio predisporre una grande e meravigliosa festa di tutti, non solo a Roma, ma in ogni città e paese che intenda prendere l’iniziativa? Una festa che ricomponga davvero le divisioni ideologico-politiche (parate e sfilate di mezzi militari) e quelle ideologico-sociali (ricevimenti per le oligarchie pseudo-democratiche). Una festa e basta. Perché questo sono, e per questo sono amate, le feste per la presa della Bastiglia e per l’indipendenza americana.
Anche perché si ha l’impressione che, in caso di invasione straniera, a battersi per questo terremotato paese accanto ai (molti ma non tutti, la storia come sapete conta) militari di carriera ed élites di acquisizione, sono sicura che scenderebbero in strada anche tantissime casalinghe e i loro anonimi e civilissimi figlioli.