Da un po’ di tempo George Soros è diventato il Cossiga della finanza, grande interprete degli umori dei mercati e feroce critico dei pasticci della politica. Arrivato come ospite a sorpresa del Festival dell’Economia di Trento, ha dato la sua picconata: l’Europa ha tre mesi di vita. Le note in fondo alle mail che manda il suo staff specificano che le parole del finanziere ungherese-americano non sono assolutamente “consigli di investimento o inviti a comprare o vendere alcun titolo”. Ma Soros è pur sempre quello che nel 1992 ha buttato fuori, praticamente da solo, la Gran Bretagna dal sistema monetario europeo, speculando sulla sterlina. E allora prendiamo Soros sul serio: “A mio parere le autorità hanno una finestra di tre mesi in cui cercare di correggere i propri errori e invertire le tendenze attuali”. Dopo l’estate non si potrà piu’ tornare indietro.
Secondo Soros, alla fine in Grecia vinceranno di poco i partiti che vogliono rimanere nell’euro. Ma la recessione inizierà a contagiare la Germania e, dopo l’estate, Angela Merkel si troverà con un’economia troppo indebolita per potersi permettere politicamente di impegnare Berlino in qualsiasi iniziativa europea che metta a rischio i soldi del contribuente tedesco. E addio euro.
Gli errori sono stati i seguenti. Primo: l’Europa “è stata essa stessa una bolla” che esiste soltanto finché tutti credono alla sua necessità. Ma i Paesi creditori dell’eurozona, quelli che hanno beneficiato degli squilibri in parte fisiologici (la Grecia e altri si sono indebitati anche per comprare prodotti tedeschi), ora si sottraggono alle proprie responsabilità scaricando il peso della correzione sui debitori. Hanno fatto scoppiare la bolla. Non solo: la Germania e tutte le istituzioni europee hanno deciso che la crisi dell’euro era una crisi fiscale, soltanto perché il detonatore è stata la Grecia con i suoi numeri taroccati sulla finanza pubblica. Tutto sbagliato, dice Soros, questa è una crisi “bancaria e di competitività”. Nell’autunno 2010 la cancelliera Angela Merkel dice che le banche dovranno pagare i danni di una ristrutturazione (default controllato) del debito greco. Gli stati da una parte, le banche dall’altro, ognuno per la sua strada. Così la Germania ha impedito di trovare una soluzione, relativamente indolore, alla crisi di Atene, scatenando anche il panico tra gli investitori che hanno iniziato a fissare nuovi prezzi per i Paesi a rischio di diventare come la Grecia, dal Portogallo all’Italia. La crisi bancaria, però, secondo Soros ha radici più lontane. Le banche hanno gonfiato per anni la bolla dell’Europa, comprando titoli di Paesi periferici considerati però sicuri perché protetti dall’euro per lucrare sui differenziali di rendimento (all’epoca bassi) rispetto alla Germania.
I paesi deboli dell’euro erano ben contenti di avere credito a basso costo e ne hanno approfittato per gonfiare la spesa pubblica. Poi, con le recenti turbolenze, sono diventati “come Paesi del terzo mondo che non controllano la valuta in cui sono indebitati”. E le banche hanno scoperto all’improvviso il rischio nascosto nei titoli di debito in cui avevano investito. Se questo è il problema, affrontare la questione riducendo i deficit è completamente inutile. Si deve risolvere l’intreccio perverso tra banche finanziatrici e Paesi indebitati, ma lo si deve fare a livello comunitario. Altrimenti prevale l’aggiustamento terribile in corso, denunciato da Soros quasi con le stesse parole del governatore di Bankitalia Ignazio Visco: la rinazionalizzazione dei sistemi finanziari. Le banche italiane si ricomprano il debito italiano, quelle francesi il debito francese e così via. Ma invece di ridurre il rischio e far scendere gli spread e i tassi di interesse, questo processo lo concentra, creando delle bombe finanziarie destinate a collassare su se stesse. Quindi serve subito una garanzia bancaria europea, senza modificare i trattati (richiederebbe troppo tempo). Così la vede Soros.
A noi risparmiatori restano due alternative, se prendiamo per buona la sua analisi: o incrociamo le dita sperando che nei prossimi tre mesi la politica europea faccia quel che non ha fatto per tre anni, oppure svuotiamo i conti correnti e affidiamo i nostri risparmi a una banca americana in grado di speculare sul crac dell’euro.
Il Fatto Quotidiano, 3 giugno 2012