Il campione brasiliano ha saltato alcuni allenamenti "per evidenti segni di ubriachezza" e la società gli ha bloccato gli stipendi. La questione è finita al tribunale del lavoro, che ha dato ragione al giocatore. Pronto il ricorso del club carioca
La storia tra Ronaldo de Assis Moreira, meglio noto come Ronaldinho, e il Flamengo è già terminata tra allenamenti saltati per ‘evidenti segni di ubriachezza’ e la causa per mancati emolumenti finita in tribunale. Se a tutto questo ci aggiungiamo il furto di suo fratello Ronaldo Assis nel negozio della sede del club, allora il quadro è completo.
Dinho, dopo l’esplosione al Barcellona e il flop di Milano, sponda Milan, è tornato nel Paese che l’ha lanciato ad inizio carriera, 14 anni fa, con la speranza di vivere una seconda giovinezza e smentire le malelingue che lo vedevano come calciatore finito. Fu il Gremio nel 1998 a lanciarlo nel calcio che conta con i suoi 21 gol in 44 partite, ma doveva essere il Flamengo a riportarlo sotto la luce dei riflettori dopo tre stagioni deludenti in rossonero.
Peccato che i suoi detrattori avessero ragione. Il fantasista è un giocatore appagato, che ormai ha la testa altrove, sul viale del tramonto. Lo confermano alcuni allenamenti saltati, i ritardi accumulati nell’arco di una stagione e mezza e i suoi evidenti problemi con l’alcool. Già in Italia, e ancor prima in Spagna, il Pallone d’oro del 2005 aveva confermato il suo modo d’essere carioca. Quella saudade che colpisce tutti i brasiliani e li fa sentire lontani da casa. Una solitudine che li “costringe”, ogni tanto, a staccare la spina a modo loro: facendo festa e bevendo in compagnia ballando la samba fino all’alba. Un comportamento che entra in collisione con l’idea del professionista. Tristemente note alle cronache italiane le feste al Copacabana di Torino o di Milano, dove Ronaldinho, uno dei più grandi fuoriclasse dell’ultimo decennio, andava ad affogare la propria tristezza per una sconfitta o a festeggiare una vittoria insieme ai compagni di Nazionale di tutta Italia.
Poi il ritorno in patria, che però si è trasformato in un film già visto, Adriano docet. Prestazioni discontinue tra alti e bassi, allenamenti saltati a causa di “evidenti segnali di ubriachezza”. Ronaldinho è stato coccolato e sopportato fino ad un certo punto. L’obiettivo? Dimostrare di non essere un giocatore finito, sul viale del tramonto dopo la deludente esperienza italiana. Dopo aver sopportato oltremodo le sue stravaganze da prima donna, il club carioca ha deciso di dire basta, smettendo di pagargli emolumenti dovuti, sperando di costringerlo a tornare ad essere un professionista rispettabile.
Peccato che il non pagargli lo stipendio per diversi mesi ha prodotto l’effetto contrario. Le due parti hanno cominciato a prendersi a testate, come due stambecchi che si contendono una femmina. Dinho s’è messo di traverso, il Flamengo ha fatto altrettanto. A mettere tutti d’accordo, se così si può dire, ci ha pensato il fratello del fuoriclasse, nonché procuratore, Ronaldo Assis. Qualche giorno fa l’agente è entrato nel negozio della sede del club ed ha infilato in una borsa più di 25 magliette e diversi altri gadget con l’intento di non pagarli. Per quale motivo? “Il Flamengo non paga mio fratello e così non pago nemmeno io” avrebbe detto, almeno secondo quanto rivelato da GloboEsporte, uno dei maggiori siti sportivi brasiliano.
Nonostante le rimostranze dei commessi che gli hanno presentato il conto intimandogli di pagare il dovuto, il fratello di Dihno ha insistito nel voler uscire senza tirare fuori nemmeno un real brasiliano. A mettere tutti d’accordo ci ha pensato Michel Levy, responsabile finanziario del Flamengo che, “dopo un’ora e mezza di trattative”, come scrive il sito, ha convinto i commessi a lasciar andare Ronaldo Assis con la ‘refurtiva’ nella borsa e a metterla sul suo conto. Un’avventura, quella di Rolnaldinho con la maglia dei rubro-negro, terminata nel peggiore dei modi. L’ex milanista ha rescisso il contratto che lo legava alla società del presidente Patrícia Amorim e gli ha fatto causa, chiedendo un risarcimento di oltre 40 milioni di real (circa 16 milioni di euro, ndr), dopo salari non pagati e diritti di immagine non rispettati. Il tribunale del lavoro di Rio de Janeiro ha dato ragione al giocatore verdeoro, ma il club carioca presto presenterà ricorso sulla questione stipendi. La questione tra le due parti non è ancora terminata, lo è certamente la carriera di un giocatore che, tra il 2003 e il 2008, aveva incantato il mondo con le sue magie. Un’epoca che ormai sembra lontana anni luce visto che il ct della Selecao, Mano Menezes, lo ha escluso dalla lista dei pre-convocati per le Olimpiadi di Londra.