Nel merito, secondo i commentatori di settore, la promozione corrisponderebbe a uno sconto spalmato nell’arco di tre anni e mezzo, pari ad una cifra probabilmente inferiore a quella di altre promozioni, “ma con un valore più reale perché risolve il problema dei continui aumenti dei carburanti“. Questo ragionamento non convince. Ma poi è qui che il marketing prende abbagli: il valore che ha un’auto per il consumatore non è affatto lo stesso che ha per la marca, e non è così facile definirlo in termini monetari. C’è sempre una forte componente emozionale e soggettiva nella scelta di un’auto, non è soltanto una questione di consumi.
In un mercato popolato da oggetti di culto, probabilmente Marchionne sta sopravvalutando la brand equity, cioè il valore della marca presso il pubblico. La promozione infatti è estesa anche al Suv, e qui sorgono altri dubbi: chi compra un Suv, in genere, lo fa anche (o soprattutto) per dimostrare agli altri la propria grandeur. Non c’è proprio nessun altro motivo per acquistare un mezzo come questo e poi usarlo prevalentemente in città. La domanda allora è: se dovessi comprarmi un Suv, perché mai dovrei comprare un Suv Fiat, per giunta con lo sconto sulla benzina? Che figura ci faccio con gli amici ricchi?
C’è ancora una considerazione da fare sulla tattica della casa italo-americana. Se è vero che le strategie di co-marketing sono anche strategie d’immagine, come mai Fiat non ha promosso quest’azione insieme a Eni, che nell’immaginario collettivo è vissuta da sempre come “la grande benzina italiana“? E se invece ha tentato di farlo, per quale motivo Eni avrà declinato la proposta? È una questione di marketing o d’immagine?