Secondo il ministro Patroni Griffi, l'emendamento governativo che vieta incarichi dirigenziali pubblici a chi è stato candidato o eletto negli ultimi tre anni riguarda di fatto solo gli enti locali. Ma il testo depositato in aula nella discussione sul ddl anticorruzione non esclude affatto gli onorevoli. Il cambio di rotta dovuto alla rivolta del Pdl, ma non solo
La norma “anti-trombati” non vale per i parlamentari, ha spiegato il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi, rispondendo alle domande dei giornalisti sull’emendamento governativo al ddl corruzione che esclude da incarichi dirigenziali pubblici chi è stato candidato o membro di un’assemblea elettiva nei tre anni precedenti. Ma è davvero così? Il testo dell’emendamento presentato dal governo alla Camera il 31 maggio, con la sigla 4.0600, in realtà non riporta alcuna zona franca per gli onorevoli. Anzi, proprio la levata di scudi che si è registrata a Montecitorio, guidata in particolare dalla deputata del Pdl Beatrice Lorenzin, ha indotto il ministro a dichiarare di fronte ai giornalisti che “l’emendamento non riguarda gli ex parlamentari”. Il divieto, ha precisato, “riguarda gli incarichi assunti nello stesso ente in cui si è svolta l’attività politica. Quindi, a meno che uno non voglia fare il segretario generale di una Camera non lo riguarda”. La norma, infatti, “riguarda essenzialmente la vicinanza tra l’ente locale in cui si è svolta l’attività politica e l’ente locale che conferisce l’incarico dirigenziale”.
Il testo depositato alla Camera, però, chiede al parlamento di delegare il governo a “disciplinare i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali” a chi nei tre anni precedenti abbia “fatto parte di organi di indirizzo politico”, abbia “rivestito incarichi pubblici elettivi” o sia stato candidato “agli stessi incarichi” (leggi il testo dell’emendamento). gli onorevoli quindi non sono esclusi: spetta al parlamento e al governo decidere quanto e come “disciplinare” la loro esclusione da nomine pubbliche. Il ministro Patroni Griffi fa riferimento alla seconda parte dello stesso comma, che invece chiede di “escludere in ogni caso” la concessione di incarichi dirigenziali nello stesso ente in cui il beneficiario è stato eletto o candidato nei tre anni precedenti.
Se il fuoco di sbarramento è arrivato soprattutto dal Pdl, un drastico divieto di incarichi pubblici per gli ex parlamentari o aspiranti tali suscita perplessità anche nel centrosinistra. “Bisogna sicuramente evitare gli incarichi compensativi”, afferma a ilfattoquotidiano.it Donatella Ferrante, capogruppo del Pd in Commissione giustizia, “cioè quelli che vengono promessi a chi si candida in caso di mancata elezione. Il rischio però è che una regolazione troppo stretta si trasformi in un disincentivo per l’ingresso in politica dei professionisti migliori. Un bravo ingegnere potrebbe rinunciare a presentarsi se poi si ritrova escluso per legge, per esempio, dagli organi tecnici di una Regione”.
Resta da vedere se una regolazione così “fine” della normativa sia praticabile. In qualche modo però bisogna intervenire, secondo Angela Napoli di Fli, una delle relatrici del ddl Corruzione. “La rivolta dei parlamentari è dovuta anche al fatto che un divieto del genere renderebbe più difficile formare le liste. Spesso si chiede a noti professionisti di candidarsi per prendere i voti di un certo settore, promettendo posti alle Asl o in aziende partecipate in caso di mancata elezione. Una cosa vergognosa e assurda”.
Altro punto delicato, l’emendamento dell’Udc sulla incandidabilità dei condannati in sede penale, fatto proprio dal testo del governo. E si parla di condannati, per determinati reati, “anche con sentenza non passata in giudicato”. Anche in questo caso, però, le parole del ministro Patroni Griffi fanno intravedere prossimi ammorbidimenti: “Credo che questa sia materia che riguarda il Parlamento – ha spiegato il ministro – perché riguarda i requisiti per essere eletti”.
Intanto continuano gli stop al tormentato iter del disegno di legge anticorruzione. Era previsto oggi alle 17 un incontro tra lo stesso ministro Patroni Griffi e i rappresentanti della maggioranza che sostiene il governo. Incontro che all’ultimo momento è saltato. “Per questioni meramente organizzative”, ha spiegato la relatrice del Pdl Jole Santelli. “Probabilmente ci si vedrà direttamente domani, al comitato dei diciotto, prima di riprendere la discussione del testo in Aula. Io ho visto il ministro per questioni tecniche, altri lo hanno sentito e lo stanno sentendo telefonicamente”.