L’ultima settimana è stata caratterizzata da una serie di notizie che dicono chiaramente: abbiamo una pistola puntata alla tempia e il dito sul grilletto non è il nostro.
Prima notizia: A seguito dell’aumento delle accise sulla benzina, l’Aci ha indetto una giornata di sciopero dei rifornimenti per la giornata di domani, 6 giugno.
Al di là della scarsa sensibilità dell’Automobil Club rispetto alle popolazioni colpite dal sisma beneficiarie dell’ultimo aumento del prezzo della benzina, vale la pena chiedersi: che senso ha indire uno sciopero dei rifornimenti senza ridurre i consumi? Se consumo, diciamo, 30 litri di benzina alla settimana e invece di fare rifornimento il giovedì lo faccio il martedì, cosa cambia?
Lo sciopero è uno strumento di lotta che prevede il raggiungimento di obiettivi specifici attraverso la creazione di un danno economico nei confronti del soggetto da sensibilizzare. In questo caso il danno economico non c’è. Quale sarebbe la logica del provvedimento? Oltre a ricordare ai giornali che l’Aci esiste ancora, intendo.
Seconda notizia: La Fiat va male. Ha chiuso il 2011 con un rosso di 791 milioni di euro, rispetto all’anno passato ha venduto l’11,2% in meno. Per invertire il trend di un mercato che dimostra di non avere più bisogno di automobili nuove, i dirigenti del Lingotto hanno pensato bene di lanciare una nuova campagna: se compri un’auto nuova entro la fine di luglio, puoi beneficiare del prezzo straordinario su benzina e gasolio di un euro al litro fino alla fine del 2015.
Sono molti a ritenere che questa sia solo una trovata di marketing e che non porterà alcun beneficio economico nelle tasche dei potenziali acquirenti. Non resta che aspettare che passino i prossimi due mesi per verificare l’andamento dell’operazione. Nel frattempo accontentiamoci di notare che anche la Fiat si è accorta che gli Italiani sono terrorizzati dal prezzo della benzina alla pompa.
Terza notizia: Il 31 maggio il Ministo dell’Ambiente, Corrado Clini, ha lanciato un hashtag, #oilforEmilia, per sensibilizzare le compagnie petrolifere a devolvere parte dei propri profitti alle popolazioni colpite dal terremoto affinché le nuove accise vengano pagate dai produttori e non dai consumatori. Le compagnie petrolifere, per fortuna, hanno preferito rispondere con un garbato silenzio piuttosto che con una sonora pernacchia.
Tornando alla metafora della pistola alla tempia, è evidente che il dito sul grilletto è quello delle compagnie petrolifere a cui finanche un Ministro della Repubblica è arrivato a chiedere l’elemosina. Il motivo è semplice: il nostro paese ha creato un modello di sviluppo incentrato sul consumo compulsivo di carburanti fossili per promuove una mobilità insostenibile e regalando un potere enorme ai produttori che adesso ci stanno ricattando.
La crisi ci mostra quotidianamente che la via della crescita è sempre più difficile, soprattutto perché ci ostiniamo a costringere le persone a destinare migliaia di euro all’anno ad attività che impoveriscono le economie locali invece di arricchirle (auto costruite in paesi lontani, compagnie petrolifere che reinvestono i propri ricavi e distribuiscono i profitti fuori dall’Italia).
Se continuiamo a spendere i nostri soldi in attività che si allontanano dalla nostra comunità, da chi pretendiamo che venga pagato il nostro stipendio (da anni sempre uguale a se stesso e sempre più precario)?
La mobilità è stata un fattore cruciale per il rilancio dell’economia nel Dopoguerra e può esserlo ancora, se rivista e corretta. In tutto questo, la bicicletta sarà determinante, ma ne parlerò in modo più diffuso nel mio prossimo post.