Il governo degli opinionisti. I sobri tecnici di Mario Monti, dopo poche settimane di minacciosi silenzi, hanno rotto gli argini e quotidianamente opinano. Ieri Paola Severino, ministro della Giustizia, ha lanciato la brillante idea di far lavorare i carcerati per la ricostruzione dell’Emilia terremotata. Ha detto proprio così, la pensatrice: “Vorrei lanciare un’idea”. Perché anziché aprire il dibattito non firma un provvedimento? Perché deve aver capito che il governo tecnico è diventato il governo chiacchierone. E si adegua.
Elsa Fornero (Lavoro) e Filippo Patroni Griffi (Funzione pubblica) sono un pezzo avanti. Anche ieri si sono esibiti nel loro numero di maggior successo, lo scazzo sui dipendenti pubblici. La ministra vuole anche per loro i licenziamenti facili, per par condicio con i privati ai quali è stato picconato l’articolo 18. Il ministro non vuole saperne. Stavolta la reiterata polemica pubblica si è conclusa con un rito da purissima Prima repubblica, la nota con-giunta che non dice niente, e che per questo neppure riassumiamo.
Il problema non sono solo le parole in libertà. C’è anche una certa vena ambiziosa e inconcludente. Il 17 novembre scorso, chiedendo la fiducia al Senato , Monti era partito bene, avvertendo che sarebbe stata “un’ambizione eccessiva pretendere di risolvere in un tempo limitato tutti i problemi che hanno origini profonde”. La sobrietà dei propositi è durata poco. Il premier ha resistito poco più di due mesi, poi non ce l’ha fatta più e ha rivelato al settimanale americano Time “di voler cambiare il modo di vivere degli italiani”, pur nei pochi mesi a disposizione .
Da quel momento quei raffinati tecnici e intellettuali di cui si è circondato, evidentemente desiderosi da sempre di guarire l’Italia dai suoi mali antichi, si sono scatenati. Il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha deciso, nientemeno, di riformare l’Università. Incurante del fatto che la recente riforma firmata da Maria Stella Gelmini deve ancora essere attuata, e senza disturbarsi per dirci che cosa non gli piace, Profumo ha annunciato la riforma dei concorsi universitari. Poi, ispirato autorevolmente dal premier, Profumo si è lanciato in un numero di grande classe, l’introduzione in Italia della meritocrazia per legge.
Alcuni esempi. Gli studenti più bravi avranno lo sconto sulle tasse scolastiche e universitarie, a patto che siano poveri, cioè che i genitori dichiarino un reddito basso, che è un ottimo spot per l’evasione fiscale, ultimamente fuori moda. Oppure: i laureati più bravi (il 5 per cento con il voto più alto in ciascun ateneo) potranno essere assunti con sconto fiscale per le imprese. Come se finora le imprese assumessero senza guardare il voto di laurea, per sorteggio. O come se oggi le imprese assumessero il deficiente raccomandato al posto di quello bravo solo perché tanto costano uguale.
Ma Profumo non si preoccupa, l’importante è far correre le idee. Vuoi mettere la soddisfazione di legare il proprio nome a una legge che ordina al Paese intero e alle future generazioni “l’efficienza e l’efficacia della didattica come strumento di trasmissione del sapere”?. Tanto mancano i soldi per fare sia questo che quello. Ieri il sottosegretario Marco Rossi Doria, che anziché l’ingegnere al Politecnico di Torino faceva il maestro di strada nei quartieri più incasinati di Napoli, ha spiegato al Corriere della Sera che l’empito meritocratico di Profumo è ottimo, però per la scuola ci vorrebbe un miliardo all’anno da qui al 2015.
E a proposito di concretezza, ecco che il decreto per lo sviluppo, sul quale il ministro Corrado Passera ci intrattiene da settimane, arriva al traguardo perdendo per strada un articolo assai delicato. Ci informa l’agenzia Ansa: “Scompare da una nuova e ultima bozza del decreto sviluppo l’articolo che fissava le regole per le compensazioni dei crediti fiscali, rinviando all’emanazione di un decreto ministeriale per l’identificazione dei criteri”. La legge che ordina di fare una legge è un classico nell’arte del rinvio, soprattutto quando non ci sono i soldi. Ecco i tanto strombazzati crediti d’imposta per gli investimenti in ricerca: annunciati per un ammontare di 510 milioni di euro, arrivano in porto ridotti a 22 (ventidue) milioni.
E allora tanto vale rifugiarsi nelle grandi riforme a costo zero, come quella di rendere gli italiani migliori. L’impagabile professoressa Fornero ha spiegato il 29 maggio scorso alla Camera dei Deputati che dietro la grande crisi finanziaria c’è l’ignoranza degli italiani che in banca “hanno accettato prodotti che erano trappole”. E allora ha prodotto una serie di spot per l’educazione del popolo al risparmio previdenziale. Con quello che ha presentato in anteprima milioni di precari, disoccupati e lavoratori in nero si sentiranno dire che “conviene essere formiche e non cicale”. Così, testuale. Educativo. Suadente. Materno. E anche rivoluzionario, perché di questo passo qualcuno si arrabbia per davvero.
Il Fatto Quotidiano, 5 Giugno 2012