È il Ravenna festival, giunto alla ventitreesima edizione con una formula rinnovata: una kermesse lunga tre stagioni, dalla primavera all’autunno. Unica costante è la musica, grande protagonista. E come poteva essere altrimenti se la direzione artistica è in mano a Cristina Mazzavillani, la signora del festival, nonché moglie di Riccardo Muti.
Quattro sono i capitoli che scandiscono l’edizione 2012. I primi due, Anteprima e Allegromosso, hanno creato l’attesa, tra aprile e maggio, per la Nobilissima visione, la rassegna più importante e cospicua, in programma dal 9 giugno al 15 luglio, che mutua il nome dalla suite per orchestra di Paul Hindemith. A chiudere il festival, quattro mesi più tardi sarà la Trilogia d’autunno: Rigoletto, Trovatore e Traviata di Giuseppe Verdi verranno replicate in tre appuntamenti, dal 9 al 18 novembre, sul palco del teatro Alighieri.
La Nobilissima visione dell’estate ravennate vedrà esibirsi vette della musica colta internazionale nei luoghi dell’arte e della cultura cittadini e del circondario: dalle basiliche di San Vitale e Sant’Apollinare in Classe ai chiostri della biblioteca Classense, alla rocca Brancaleone. E poi ancora concerti si terranno nel palazzo di san Giacomo a Russi, nobile dimora dei conti Rasponi, nei teatri Alighieri e Rasi, al pala Mauro De André. Cornici prestigiose per un calendario di esibizioni inserite in un percorso tematico, che celebra il millenario della fondazione dell’eremo di Camaldoli, ad opera di Romualdo di Ravenna.
Una riflessione sul significato storico del monachesimo, sia occidentale che orientale, lascerà emergere una città meno conosciuta rispetto a quella dei fasti bizantini, la Ravenna che fu di Romualdo e dei suoi monaci, di Sant’Adalberto o di Gerberto di Aurillac, meglio noto come papa Silvestro II.
Ecco che allora la “dolce ansietà d’oriente”, che il Montale delle Occasioni ricordava in “Dora Markus” si fa ponte verso un altrove non lontano, grazie a una comunanza di precetti che l’esperienza monastica ha saputo trasmettere nei millenni, tenendo assieme i fili di una cultura che avvicina e lega oriente e occidente.
Proprio su questo trait d’union fra i due mondi si aprirà, il 9 giugno, la Nobilissima visione, con un confronto tra le musiche sacre barocche del camaldolese Orazio Tarditi e dell’est Europa. Ancora più a oriente si incontra il canto spirituale sufi ‘Ghazal’ che la cantante uzbeka Monâjât Yulchieva farà risuonare nei chiostri della Classense il 14 giugno.
Frontiera orientale, baluardo di fede e tetto del mondo è il Tibet, al quale Ravenna festival dedica un’intera settimana, dal 5 all’11 luglio, fatta di incontri, riti, cerimonie ed eventi. Un’attenzione particolare alla regione dell’Asia centrale, il cui monachesimo non si discosta troppo dai precetti di preghiera e lavoro della regola benedettina. Con i mantra dei monaci arancioni di Darhamsala interagiranno tra gli altri Markus Stockhausen, Stephan Micus, Amelia Cuni e Maria Jonas.
Dal Tibet al Sudamerica passando per il Brasile. Altro ospite di calibro del Ravenna festival è il brasiliano Egberto Gismonti che nella sua musica fonde apporti classici ibridati a influenze jazz e sonorità tradizionali degli indios xingù. Gismonti, con chitarra e piano, calcherà la scena della rocca Brancaleone, il 6 luglio in duo con Naná Vasconcelos (con la quale ha inciso su Ecm) e il 7 assieme al trio Madeira e a Hamilton de Holanda.
Nel festival della colta estate ravennate i secoli si visitano con disinvoltura come i tanti Paesi, attraversati in un viaggio fatto di note. E si arriva così alla musica contemporanea. A rappresentarla sarà lo statunitense Steve Reich, uno dei padri del minimalismo. Il 13 giugno il Parco della musica contemporanea ensemble eseguirà due delle sue opere più celebri: Tehillim (1981) e City life (1995).
Ravenna festival è anche danza. Nelle sua accezione più classica, con l’Operà national de Paris, fino alle espressioni più contemporanee, con il direttore artistico e scenografo Shen Wei, il coreografo e danzatore francese Mourad Merzouki e la compagnia Cedar Lake contemporary dance.
Il 27 giugno torna il concerto trekking, che ha avuto grande successo nelle edizioni passate del festival. Il progetto speciale “Come alberi d’inverno”, ideato dalla musicista e cantante Luisa Cottifogli, si snoda nello spazio (dalla secolare pineta di Classe alla zona umida dell’Ortazzo e alla spiaggia) e gioca in un delicato equilibrio tra sonorità elettroniche e musiche tradizionali nordiche di montagna, dai canti alpini alle vocalità difoniche inuit.
Il padrone di casa, Riccardo Muti, terrà per sé la direzione dell’orchestra giovanile Luigi Cherubini. Il 6 e 7 luglio il maestro si cimenterà nelle opere di Hindemith: l’atto unico “Sancta Susanna” del 1921 e la suite del 1938 “Nobilissima visione”, ispirata al compositore tedesco dagli affreschi di Giotto a Santa Croce, sulle scene della vita di San Francesco d’Assisi.