A Roma nasce la Città del Rugby. Il rugby, però, ci starà un po’ stretto. Si tratta infatti di un’opera da 33 milioni di euro (importo coperto al 95% dal Comune di Roma con garanzia fideiussoria), nellaquale però è previsto un solo campo da rugby e per giunta non regolamentare. Nell’ultimo progetto esecutivo architettonico del più costoso tra i Punti Verde Qualità di Roma Capitale (concessioni gratuite per 33 anni di aree verdi da parte del Comune, garanzia fideiussoria complessiva di 600 milioni di euro) le misure stabilite per il campo da gioco sono 86 metri di lunghezza per 56 di larghezza, ben al di sotto dei limiti minimi regolamentari (119 in lunghezza e 66 in larghezza). Per il campo da rugby irregolare è prevista anche una tribuna di 300 posti a sedere: “A cosa serve visto che non si potranno disputare le partite?” si chiede Federico Siracusa, vicepresidente del Consiglio del XII Municipio. Il progetto mastodontico per il centro sportivo sorgerà a Spinaceto, periferia ovest della città, e rischia di diventare una cattedrale nel deserto.

E’ solo la punta dell’iceberg di un progetto nato male (con un bando senza gara pubblica ed approvato all’unanimità il 2 febbraio 2004 dal Consiglio comunale capitolino) che tutto sembra tranne che il prospetto di una Città del Rugby, visto che per il campo da gioco irregolare è prevista una spesa di neanche 2 milioni di euro: gli altri 31 milioni di euro verranno usati per costruire una serie di impianti sportivi che nulla hanno a che vedere con la palla ovale. Nell’ultima variante in corso d’opera, tra l’altro, l’oggetto in questione diventa campo polivalente rugby/calcio, affiancato da una palaghiaccio dal “modico” costo di 5 milioni e mezzo di euro, piscine da quasi 2 milioni e mezzo di euro, palestre da 1 milione di euro, campi da calcetto, sala conferenze, ristorante e via discorrendo fino ad arrivare alla foresteria da oltre 2 milioni di euro con stanze annesse per squadre di rugby dove – ammesso che le società verranno – saranno accolte per giocare in un campo troppo piccolo.

Il tutto ovviamente approvato dal Dipartimento di tutela ambientale del verde del Comune di Roma con la firma dell’architetto allora responsabile dei Punti verde qualità per il Campidoglio, Stefano Volpe, arrestato lo scorso marzo per vicende legate ad altri Pvq. “Un capolavoro di inefficienza e mala gestione, per non dire altro” denuncia Siracusa. Un “capolavoro” che probabilmente pagheranno i cittadini romani visto che, in caso di insolvenza da parte dell’azienda costruttrice, sarà il Comune di Roma a dover ripianare i debiti contratti con le banche (nel 2011 l’amministrazione capitolina ha già dovuto sborsare 11 milioni di euro per altri Pvq).

Ed alla Città del Rugby sembrano non crederci neanche i protagonisti della vicenda visto che, nell’ultimo progetto esecutivo architettonico, datato 12 gennaio 2012 (l’ultima variante in corso d’opera) si legge “l’impianto su cui si intende prioritariamente intervenire è quello del ghiaccio, che costituisce la vera attrazione del centro, rendendolo unico in tutta la città”. Il fatto che sia “unico”, nel suo genere, questo è sicuro. Come unici sono anche i manifesti del delegato alle politiche sportive del Campidoglio Alessandro Cochi, che hanno tappezzato la capitale fino a qualche tempo fa: “Con Alemanno il Rugby resta all’Eur, riapre il Tre Fontane”: quindi in un’altra zona di Roma.

Al momento il mutuo erogato all’azienda concessionaria, la Iceland 90, è di circa 20 milioni di euro: “Come è possibile che funzionari del comune – si chiede Siracusa – pagati per vigilare ed approvare questo progetto, non si siano accorti che le misure del campo da rugby non sono regolamentari? Chiedo con forza che almeno per i restanti 12 milioni di euro, ancora da erogare, il Comune di Roma intervenga immediatamente per rivedere il progetto e limitare i rischi di un possibile default. In questo schema perverso dei Pvq sono in gioco i soldi di tutti i cittadini romani”. Anche la motivazione scritta nel progetto esecutivo che spiega il perché del mini campo da gioco è singolare: “Al fine di evitare l’abbattimento di alcuni alberi pinus pinea della pineta esistente”: alberi secolari “imprevisti” a quanto sembra.

Anche la Commissione Impianti Sportivi del Coni, nel maggio del 2007, ha espresso parere favorevole sul progetto “Città del Rugby”, specificando nella relazione conclusiva che il giudizio positivo “è riferito esclusivamente alla funzionalità sportiva”. In effetti il parere del Coni sembra essere l’unico elemento, di questa triste vicenda, non contestabile visto che al tempo, prima delle numerose varianti in corso d’opera, nel progetto le misure del campo da rugby erano regolari.

Abbiamo cercato di parlare con l’ufficio temporaneo di scopo del Comune di Roma (ente che, dopo le inchieste che hanno travolto il Dipartimento di tutela ambientale, sta gestendo i Pvq), ma al momento la risposta è stata che non è possibile rilasciare dichiarazioni.

Un’opera destinata a morire e probabilmente destinata anche a non sorgere mai visto che l’ultima proroga concessa dall’amministrazione capitolina fissa come termine ultimo dei lavori il 31 luglio 2012, scadenza impossibile da rispettare visto lo stato arretrato di avanzamento dei lavori. Il Comune di Roma sembra non aver vigilato neanche sulla ditta responsabile del progetto esecutivo architettonico, la DM&P Associati che peraltro nel 2003 è stata incaricata, insieme ad altre imprese, dal Comune di Manfredonia (Foggia) di realizzare la progettazione di un “nuovo complesso sportivo con piscina comunale”. Il costo complessivo dell’opera è lievitato in soli 3 anni da 1,4 milioni di euro a 4 milioni di euro ed il complesso sportivo ancora non è stato realizzato ed è in condizioni di totale abbandono: credenziali non proprio impeccabili. Un lungo elenco di inadempienze, da parte dell’amministrazione capitolina, da far tremare le vene ai polsi. Dei romani.

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