Ve lo ricordate il ritornello di quando eravamo bambini: “Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa”?
Da piccola mi sbagliavo: “sopra alla panca la capra canta”, che mi pare un bel modo di campare.
Un collega berlinese, che si occupa come me di comunicazione consapevole, mi disse: “Che bello, in Italia si insegna ai bambini fin da piccoli che il proprio benessere dipende da come ci si pone nella vita!“.
Ma che vuol dire in concreto capire come ci si pone nella vita?
Osservare con distacco e simpatia le parole che usiamo, nel dialogo interiore, e a quali convinzioni, quelle che ci sembrano così ovvie da non accorgercene nemmeno, fan riferimento i nostri pensieri.
La capra che canta è l’immagine del mio tema, in genere e in questo blog: ci ricorda la forza della nostra immaginazione, l’umana risorsa della libertà interpretativa.
Creiamo la nostra realtà col il nostro modo di comunicare e di porci, in quella che mi piace chiamare una microcultura delle relazioni interpersonali, mentre la nostra immaginazione assegna a ogni cosa i significati che ci servono per orientarci, nella vita.
Possiamo scegliere come ci poniamo nel mondo: se sotto o sopra la panca, osservando quali didascalie aggiungiamo a ogni cosa nella mente, e se è il caso di cambiarle.
Nelle fiabe tedesche e russe la capra simboleggia chi non è mai contento e si lamenta: “beeeeh beeeeh, chi mi da dell’erba fresca?!”. Di certo lo fa prima di imparare a cantare, sopra alla panca.
Una filosofia immaginosa, la mia. Non da tromboni, da capre: da esseri pratici abituati a percorsi sconnessi, come siamo.
La realtà: il risultato complesso di una trattativa continua sui modi di vedere le cose. Possiamo trasformare subito la qualità della nostra vita: con i nostri modi di parlare creiamo benessere o sofferenza, eppure non ce ne accorgiamo nemmeno. Ci sembra che “gli altri” siano la causa del nostro malessere, stiamo sulla difensiva, contribuiamo ai tanti circoli viziosi di ogni giorno. Ci ficchiamo sotto alla panca e poi ci stupiamo che non sia un posto comodo.
La capra non si spaventa facilmente: va in luoghi impervi, in cerca di erba piú verde; certo si lamenta (beeeeh!), ma poi vá; è utile – un tempo la si usava per eliminare erbacce e cespugli – e perfino da morta: con la sua pelle si fanno le cornamuse. Che accompagnano il canto degli altri.