Sono molti infatti a chiedersi (in tono malizioso) che rapporti ci siano fra i due coinquilini: come se ci fosse del pruriginoso, tipo che Formigoni non si lava le tazze della colazione o lascia sempre sporchi gli spazi comuni -per non parlare del casino che lascia nel bagno quando fa la doccia. In questo c’è un retaggio culturale: mentre il Presidente degli Stati Uniti d’America si dice d’accordo ai matrimoni fra coinquilini, in Italia il solo fatto che due uomini lo siano crea scandalo.
C’è chi sostiene che essere coinquilini è contro natura; ma chi lo dice evidentemente ha la casa di proprietà. Colpa anche della Chiesa, secondo la quale se si è coinquilini si viene cacciati dalla Casa del Padre perché non si possono sub-affittarne le stanze. E così in Italia l’unico modo per far accettare i coinquilini è ricorrendo allo stereotipo del “migliore amico delle donne” e “molto legato alla mamma” (quando invece, se fosse vero, non se ne sarebbe andato da casa e avrebbe continuato a dividere il tetto con la genitrice, che per giunta manco gli faceva pagare l’affitto).
La verità è che c’è tanta ipocrisia proprio fra coinquilini: a cominciare dal fatto che, pur se discriminati, i coinquilini costituiscono anche una lobby potente quasi più dei padroni di casa; e che l’orgoglio coinquilino è francamente una manifestazione ridicola tanto quanto l’agiografia che ne fa Ferzan Ozpetek nei suoi film. E il primo ad essere un ipocrita è proprio Formigoni, che si è affrettato a specificare che il suo coinquilino è anche un suo amico: alludendo così ad un rapporto più intimo. Come se due uomini non potessero essere semplici coinquilini, ma dovessero per forza essere anche gay.
di Saverio Raimondo
il Misfatto, inserto satirico de Il Fatto quotidiano, domenica 3 giugno 2012