Un mare di soldi che, per ammissione della stessa Commissione, è servito a davvero poco. E ora tocca agli istituti spagnoli che hanno bisogno di una cifra tra i 40 e gli 80 miliardi. Intanto tutti gli altri aiuti di stato in Europa sono vietati, pena multa della Corte di Giustizia europea
“Tra il 2008 e il 2011 la Commissione europea ha approvato aiuti di Stato a favore delle banche per 4.500 miliardi di euro”. A rendere pubblica questa cifra impressionante è stato il Commissario Ue al Mercato interno Michel Barnier alla presentazione della proposta della Commissione di prevenzione e gestione delle crisi bancarie. Una montagna di soldi che equivale al 37% del Pil dell’intera Unione europea. E dopo tre anni di aiuti a pioggia la crisi bancaria è tutt’altro che risolta. La prossima sulla lista degli aiutini è la spagnola Bankia, che insieme ad altri istituti del Paese sembra aver bisogno di almeno 40 miliardi di euro. Nel frattempo imprese e aziende chiudono e i cittadini di mezza Europa fanno i conti con tagli e tasse aggiuntive.
Le cifre le dà il Commissario Barnier a Bruxelles. Mille miliardi di euro sono le perdite subite dalle banche europee tra 2007 e 2010 (8% del Pil dell’Unione), 4500 gli aiuti di Stato concessi dalla Commissione europea agli istituti di credito (37% del Pil). A questo bisogna aggiungere una contrazione del 6% della produzione totale dell’Ue (dati Eurostat) dovuta principalmente alla crisi finanziaria. Insomma il quadro è perfetto.
Una cosa ormai è evidente a tutti: questa crisi economica nasce, si sviluppa e continua in seno all’attuale sistema bancario internazionale. Colossi del calibro di Bear Sterns e Lehman Brothers (Stati Uniti) e Northern Rock, HBOS e Bradford and Bingley (Gran Bretagna) hanno causato un’ondata di crisi globale che ha investito tutto il mondo e che continua ad effetto domino. Inutili gli interventi europei a suon di cash a RBS, Bradford e Lloyds (Gran Bretagna), KBC Group (Belgio), Bayern LB e Commerzbank (Germania), Allied Irish Banks e Bank of Ireland (Irlanda) e Cajasur (Spagna). La crisi passa da istituto a istituto, da Paese a Paese, ma stenta ad estinguersi.
Un’indiscrezione pubblicata oggi dal quotidiano spagnolo Abc riferisce che secondo il Fondo monetario internazionale Fmi servirebbero tra i 40 e 80 miliardi di euro per il salvataggio delle banche spagnole, prime fra tutte Bankia, il quarto istituto di credito del Paese. 23 i miliardi che Madrid, dopo aver tagliato ormai da per tutto (comprese regioni e ministeri), si appresta a iniettare nel circuito creditizio nazionale.
E dire che gli aiuti di Stato, in tutti gli altri settori dell’economia reale, sono vietati dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Questo perché, secondo Bruxelles, “favorendo alcune imprese a scapito dei concorrenti, questi aiuti di Stato possono falsare la concorrenza”. Ecco allora che il 30 marzo scorso, ad esempio, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia Ue per un pacchetto di finanziamenti concessi ad alcuni albergatori sardi, dichiarato illegittimo da Bruxelles e mai recuperato da Roma. Oppure ecco la condanna di 30 milioni di euro arrivata nel novembre 2011 per non aver recuperato gli aiuti per contratti di formazione lavoro elargiti a centinaia di aziende in forma di sgravi fiscali. Ma questo discorso per le banche non vale. Alcune deroghe, infatti, autorizzano “gli aiuti che siano giustificati da obiettivi di comune interesse, ad esempio gli aiuti destinati a servizi d’interesse economico generale”. Vallo a dire a chi ha dovuto chiudere l’attività per fallimento o a chi per pagare l’Imu dovrà fare i salti mortali.
Eppure ieri pomeriggio, quando a Francoforte Mario Draghi si è rifiutato di tagliare ulteriormente i tassi d’interesse della Bce (oggi al record storico dell’1 per cento) qualcuno si è arrabbiato. Come se le aste trimestrali dell’Eurotower a prezzi stracciati fossero poco, soldi intascati a miliardi dagli istituti di credito nei mesi scorsi e senza alcun vincolo. C’è arrivato perfino Tremonti, che lo scorso febbraio attaccava: “Se sei un Governo devi pagare il 5-6% ma la Banca Centrale Europea alle banche regala capitali all’1%. Con quell’1% per tre anni le banche possono fare quello che vogliono. E’ chiaro che se regalano i soldi per un po’ stai ancora in piedi”. Eppure a qualcuno ieri questo 1 per cento d’interesse è sembrato troppo.
“Non deve più ripetersi che a pagare per le banche siano i contribuenti”, ha detto ieri Barnier. E menomale. Proprio per questo la Commissione europea ha presentato ieri una proposta di prevenzione e gestione di eventuali crisi bancarie proponendo un modello europeo. Prevenzione, gestione coordinata, supervisione dell’Autorità bancaria europea e fondi di salvataggio finanziati dalle banche stesse (anche se qui ci si è limitati ad un misero 1 per cento dei depositi coperti in dieci anni). “La crisi finanziaria ha avuto un costo elevato per i contribuenti”, ha osservato argutamente Barnier. “Dobbiamo dotare le autorità pubbliche degli strumenti necessari per gestire adeguatamente eventuali future crisi bancarie. In caso contrario, toccherà ancora una volta ai cittadini pagare il conto, mentre le banche continueranno ad agire come prima, sapendo che, se necessario, saranno nuovamente salvate”. Tutto vero.
Intanto in Italia l’ex ad di Unicredit, Alessandro Profumo, è stato rinviato a giudizio per dichiarazione fraudolenta dei redditi aggravata dall’ostacolo alle indagini. Ma questa è un’altra storia.