Hanno deciso di occupare l’Istituto, sei piani collocati a due passi dalla Cgil, in Corso Italia a Roma, con tanto di corteo interno e aria da studenti in agitazione. Ma la protesta dei dipendenti dell’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori – che dipende dal ministero del Lavoro – non ha nulla dell’allegra spensieratezza studentesca. In gioco ci sono centinaia di posti di lavoro che si sentono minacciati dal progetto di accorpare l’istituto a Italia Lavoro, una società per azioni, di proprietà del Tesoro e che opera anch’essa nel campo delle politiche del lavoro e dell’occupazione.

Ieri mattina si è scelta la strada più eclatante, forse anche la più rischiosa perché potrebbe esserci l’intervento delle forze dell’ordine a sgombrare la sala del consiglio di amministrazione, al sesto piano, in cui i dipendenti si sono accampati. L’Isfol è un ente di ricerca con 700 dipendenti di cui 250 sono precari (spesso non più giovanissimi). Un ente senza presidenza perché commissariato, con nomina ministeriale, da Matilde Mancini, attuale segretario generale del ministero del Lavoro. Ma più che contro il ministro Elsa Fornero, i lavoratori chiamano in causa il Partito democratico, individuato come il regista dell’operazione di accorpamento che qui viene letta come smantellamento. “Gli ultimi due direttori generali sono ora membri del dipartimento economico del Pd” spiega Enrico Mari mentre attraversiamo il piccolo corteo in cui svettano le bandiere dell’Usb, il sindacato che sorregge questa mobilitazione. Uno degli ultimi direttori generali dell’Isfol, Enrico Ceccotti, è oggi responsabile delle politiche industriali e aziende in crisi del Pd. Ma quello che brucia maggiormente è quell’emendamento che il Pd ha presentato al Senato al disegno di legge Fornero sulla riforma del mercato del lavoro in cui si impegna il governo a formare, entro il 31 dicembre 2013, “la costituzione di una Agenzia nazionale per il lavoro” con “l’incorporazione entro 12 mesi di Italia Lavoro e Isfol”. Emendamento presentato dai senatori Achille Passoni e Paolo Nerozzi, ma poi ritirato.

“Quella è una iniziativa che come direzione del Pd abbiamo chiesto di non portare avanti” dice al Fatto lo stesso Ceccotti il quale respinge le accuse dei dipendenti, definendole “pretestuose” e punta a rassicurare circa le intenzioni del partito di Bersani. “Non c’è nessuna ipotesi fino a quando non verrà approvato il ddl Fornero, ma comunque noi vogliamo andare verso un riordino degli enti di ricerca salvaguardando competenze e occupazione”. Insomma, il Pd si riserva di avanzare le proposte “tecniche”, ma l’idea che traspare è comunque quella di un unico strumento con cui coordinare l’insieme delle politiche per il lavoro e, allo stesso tempo, gestire la torta rilevante del Fondo sociale europeo, finalizzato a incentivare la coesione sociale ed economica. Per il 2007-2013 la parte riferita all’Italia è di oltre 15 miliardi e gran parte di questi soldi vengono gestiti proprio da enti come Isfol e Italia lavoro. E se oggi la gestione è comunque nelle mani di enti di ricerca pubblici, “che vanno razionalizzati perché non hanno funzionato come si deve”, spiega una delle lavoratrici in corteo, la paura è che alla fine un’Agenzia unica, magari sotto forma di Spa, serva solo a gestire un comparto decisivo senza alcun controllo che non sia quello del potere di turno. E che a pagare siano solo i dipendenti più fragili, i precari, i cui contratti sono collegati proprio al Fse. Al ministro Fornero gli occupanti dell’Isfol chiedono di essere ascoltati e di istituire un tavolo di confronto. Per ora dormono dentro l’istituto.

Il Fatto Quotidiano, 7 Giugno 2012

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