L’interrogazione parlamentare porta la firma di due deputati del Pdl vicini all’Opus Dei, proprio come l’ex presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi. Alfredo Mantovano e Alessandro Pagano ieri hanno interpellato il ministro della Giustizia Paola Severino sull’attività svolta nelle ultime ore dai pm di Napoli nei confronti dell’ex banchiere del Papa. L’ex sottosegretario agli Interni e il suo collega siciliano, recentemente condannato in appello a 5 mesi per abuso di ufficio, hanno chiesto chiarimenti “se Gotti Tedeschi sia stato sottoposto a perquisizione nella propria abitazione a Piacenza e nel proprio studio a Milano senza essere formalmente indagato”.
I parlamentari si chiedono se “uno strumento così invasivo non poteva essere evitato, o quanto meno preceduto, da un invito a mettere a disposizione i documenti”. Insomma i deputati del Pdl avrebbero preferito una telefonata dei pm per avvertire il banchiere di cosa stavano cercando e magari permettergli di nascondere i documenti. Mantovano e Pagano poi vagheggiano di un “tentativo di una articolazione della magistratura italiana di intromettersi in attività di un organismo di uno Stato estero”. A proposito di intromissioni forse è il caso di notare che il ministro interrogato, Paola Severino, era fino a pochi mesi fa l’avvocato di Ettore Gotti Tedeschi. L’interrogazione di Mantovano-Pagano fa riflettere sul ruolo degli amici dell’Opus Dei in questa storia a cavallo tra Italia e Vaticano.
Dagli atti dell’indagine è possibile intravedere uno scontro titanico tra l’Opus Dei e i Cavalieri di Malta per contendersi l’influenza sulle finanze vaticane. Gotti Tedeschi è un uomo chiave del sistema Opus Dei, consigliere dell’Alerion dellOpus Dei Pippo Garofano, socio del fondo F2I di Vito Gamberale, del quale Gotti è consigliere. Ma soprattutto Gotti, a partire dagli anni Novanta, è il rappresentante in Italia del Banco Santander di Emilio Botin. Banchiere spagnolo potentissimo legato, anche per via di una sorella, all’onnipresente Opus Dei.
E non è un mistero che il nemico numero uno di Gotti, l’uomo che ne ha chiesto e ottenuto la testa al cospetto del Segretario di Stato e del Papa, è Carl Anderson, Consigliere Supremo, cioé capo, dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo. Anche Anderson, il segretario americano del board dello IOR che ha firmato la cacciata del banchiere piacentino, ha alle spalle un colosso. L’Ordine da lui guidato è stato fondato nel 1882, ha base nel Connecticut e vanta un patrimonio di 17 miliardi di dollari e 1,8 milioni di iscritti. Dietro la contesa sulla governance dello IOR e sulle scelte da fare di fronte alle richieste di cooperazione giudiziaria da parte italiana, se ne staglia una seconda ben più importante.
I Cavalieri di Colombo, secondo la lettura offerta da parte degli amici di Ettore Gotti Tedeschi e registrata agli atti dagli investigatori, farebbero parte di una sorta di associazione di fratellanza simile alla massoneria che avrebbe però proprio il compito di fronteggiare l’incremento del peso dei massoni nella Chiesa. Secondo questa lettura, Gotti Tedeschi sarebbe rimasto vittima del potere crescente dei Cavalieri e degli Stati Uniti nella Segreteria di Stato. E’ americano anche l’uomo chiave della partita che il Vaticano sta giocando sullo scacchiere europeo per uscire dalla lista nera dei paesi poco affidabili sotto il profilo dell’antiriciclaggio, quell’avvocato Jeffrey Lena che – dopo aver gestito oltreoceano le cause per i casi di pedofilia – grazie al suo legame con lo Studio legale Grande Stevens di Torino, è diventato il punto di riferimento della Segreteria di Stato anche per le questioni legali che affliggono lo IOR.
Il 4 luglio prossimo nella sezione plenaria dell’organismo europeo Moneyval che si terrà a Strasburgo si deciderà il destino dello Stato Vaticano, la delegazione vaticana sarà guidata formalmente dal cardinale Ettore Balestrero ma sostanzialmente è Lena l’uomo che menerà le danze. E, se l’avvocato della Fiat, Franzo Grande Stevens, era il legale al quale si rivolgeva lo Ior per eludere le richieste del pool di Mani Pulite sul destino della mazzetta Enimont nel 1993, il duo formato da Lena e da Michele Briamonte, sempre dello Studio Grande Stevens, oggi consiglia il Vaticano sulle strategie da adottare per rispondere alle richieste della magistratura italiana.
da Il Fatto Quotidiano del 7 giugno 2012