Oggi inizia l'iter alla Camera del ddl lavoro. Il segretario della Cgil attacca: "Il ministro non ha particolare sensibilità ai problemi della crisi". La risposta: "Non c'è giusto per il licenziamento, non abbiamo avuto un atteggiamento ideologico, ma pragmatismo"
“Il ministro Elsa Fornero ha una passione per i licenziamenti che dimostra una non particolare sensibilità agli straordinari problemi della crisi“. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso commenta così, a margine di un convegno alla Camera, le dichiarazioni del ministro del Lavoro, che oggi ha tenuto una conferenza stampa con il commissario Ue all’Occupazione Lazslo Andor. A stretto giro di posta è arrivata la replica del ministro: “Non mi sembra di dover commentare una frase che si commenta da sola. Mi sembra chiaro quello che ha detto”.
La Fornero ha sottolineato durante un incontro con la stampa europea che l’Unione europea sia con il governo sulle riforme già fatte e quelle in corso. La conferenza è stata inoltre teatro di un singolare “siparietto”, quando alla domanda di un giornalista sulle ripercussioni economiche del licenziamento nel settore pubblico, la Fornero chiude il microfono e suggerisce la risposta al commissario europeo. I sindacati, e in particolare la Cgil, sono da giorni sul piede di guerra da quando, il 24 maggio scorso, la professoressa prestata alla politica aveva auspicato per l’ennesima volta la parità tra pubblico e privato nella normativa sui licenziamenti. Più precisamente, la frase del ministro che ha suscitato scalpore fra le organizzazioni dei lavoratori è: “Non vogliamo ci siano difformità di trattamento tra settore pubblico e privato. Non è possibile che diciamo certe cose sul settore privato e poi non le applichiamo al pubblico”.
Fornero: “L’ottimo nel sociale non c’è mai”. Oggi intanto è iniziato l’iter legislativo alla Camera del progetto di legge sulla riforma del mercato lavoro. Per il 22 giugno è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti mentre la discussione generale avrà inizio il prossimo martedì. Entro i primi di luglio si dovrebbe quindi concludere il suo passaggio a Montecitorio. “Questa è una riforma buona, ma non ottima. L’ottimo nel sociale non c’è mai”.
“Non c’è gusto per i licenziamenti”. “Non è per il gusto del licenziamento che nasce la riforma dell’articolo 18 – ha spiegato la stessa Fornero – ma per creare i presupposti dell’occupazione in un mondo del lavoro che sia dinamico. Era chiaro che questa riforma del mercato del lavoro aiuta la crescita, ma meno che mai da sola può far uscire il paese dalla recessione perché uscire dalla recessione è un’altra cosa”. Per la Fornero la riforma avrà effetto non nell’immediato ma nel lungo periodo: “La recessione ha una forte componente di domanda aggregata, ma la nostra riforma non è fatta per gli ultimi 6-8 mesi di recessione, ma per la prospettiva di crescita che viene dopo. Questa riforma aiuta la crescita, e io ci credo, uscire dalla recessione e’ un’altra questione”, ha aggiunto Fornero.
“Non c’è atteggiamento ideologico”. E, anche per rispondere indirettamente al segretario della Cgil, chiarisce una volta di più: “Non abbiamo avuto un atteggiamento ideologico, sicuramente no, ma pragmatismo. I problemi non erano all’inizio l’articolo 18, ma la precarieta’ delle occupazioni di giovani e donne, l’esclusione di giovani e donne dal mercato del lavoro. Io ho quasi sempre un sussulto quando sento dire che in Italia abbiamo due segmenti deboli, i giovani e le donne. Abbiamo voluto e cercato una riforma che fosse inclusiva, che tendesse a portar dentro, e per un mercato del lavoro dinamico: inclusivo e dinamico”. Dinamico, ha però precisato, non è solo il licenziamento: “Il lavoro si può perdere anche quando non si è individualmente licenziati perché un’azienda non è vitale o perché ci si sposta”. Per Il ministro, quindi, bisogna investire in “formazione e transizione: il tempo medio per trovare lavoro in Europa, dopo il diploma è tre mesi. Qui invece passano anni e si trova uno spizzico di occupazione, poi mesi e un altro spizzico. Noi dobbiamo volere un mercato del lavoro che porti dentro con contratti di flessibilità, ma non di precarietà”.