Dietro la crisi di sistema bancario iberico ci sono gli enormi debiti delle società calcistiche, che ammontano a circa 5 miliardi di euro. Di cui 4 sono verso gli istituti di credito che hanno finanziato ricapitalizzazioni, coperto buchi e aiutato i club nell'acquisto di calciatori
Altro che occupazione, sanità o istruzione. Gli aiuti dell’Unione Europea servono a pagare gli stipendi milionari delle stelle del pallone spagnolo e a ripianare i debiti delle società. La ‘bella notizia’ è che saremo quindi noi, attraverso il pacchetto che di aiuti che la UE si appresta a concedere alla Spagna, a pagare la decina di milioni netti l’anno che si intascano Cristiano Ronaldo per i suoi dribbling sulla fascia, Messi per i suoi scavetti davanti al portiere e Mourinho per le sue polemiche che ci allietano la giornata al bar. E già, perché dietro la crisi di sistema che ha colpito le banche spagnole ci sono gli enormi debiti delle società di calcio, che ammontano a circa 5 miliardi di euro. Di cui 4 sono verso gli istituti di credito che puntualmente hanno finanziato ricapitalizzazioni, coperto buchi e financo aiutato i club nell’acquisto di calciatori.
La crisi di Bankia ne è la cartina di tornasole. Nata due anni fa dalla fusione di sette istituti di credito, quotata in borsa, l’istituto di credito è subito crollato sotto il peso di assets tossici, derivati e compagnia bella. Con un buco dichiarato di 19 miliardi, a maggio la banca è stata parzialmente nazionalizzata dal Governo spagnolo al grido di privatizziamo i profitti e socializziamo le perdite. Eppure il mese scorso, nel pieno della crisi, il presidente del Barcellona Rosell si è rivolto a loro per ottenere l’ennesimo finanziamento per la campagna acquisti del club. Le relazioni pericolose tra banche, governi regionali e società di calcio in Spagna risalgono alla notte dei tempi. Regionalismo, autonomia e indipendentismo creano situazioni clientelari e favoritismi in cui lo sfruttamento del tifo calcistico diventa parte integrante del successo politico ed economico dei vari gruppi di potere.
Nel 2009 il Real Madrid per mantenere alto il nome dei suoi Galácticos, si rivolse a Caja Madrid (uno dei sette istituti che dall’anno dopo partecipò alla costruzione di Bankia) per ottenere un prestito a basso tasso di interesse. Fu grazie alla banca che poté acquistare Cristiano Ronaldo (90 milioni) e Kaka (65 milioni). Nello stesso anno il Valencia si rivolse a Bancaja (anche loro oggi in Bankia) per evitare di dichiarare fallimento: operazione inutile visto che oggi la società valenciana ha un debito di quasi 400 milioni a fronte di entrate annue che superano di poco i 100. Nell’agosto del 2011 poi, la stessa Bankia, al momento di chiedere un prestito alla BCE ha utilizzato come garanzie delle obbligazioni emesse attraverso un fondo che aveva a sua volta come garanzia i prestiti a una serie di imprese tra cui il Real Madrid. In pratica ha utilizzato Ronaldo e Kaka come delle specie di ‘bond’.
Come detto, il debito delle società spagnole delle prime tre divisioni calcistiche supera i 5 miliardi: 4 sono verso le banche, 1 lo devono allo stato tra tasse arretrate e oneri vari. La soluzione? Innanzitutto chiedere all’Europa i soldi per ripianare i debiti bancari, e di riflesso fare in modo che non si debbano chiedere subito e tutti insieme i crediti alle società di calcio, che altrimenti sparirebbero nel nulla da un giorno all’altro. Se in Spagna manca il pane che almeno ci siano le brioches di Messi. Ai club è stata poi concessa una dilazione di 8 anni per rientrare dei debiti entro il 2020, a partire dalla stagione 2014-15. Per fortuna il ministro dello sport Wert, bontà sua, ha dichiarato: “E’ diffusa la sensazione che il calcio abbia ricevuto un trattamento di favore”. E ha stabilito con la Liga Nacional de Fútbol Profesional (che gestisce prima e seconda divione) che il 35 per cento dei diritti televisivi andrà come garanzia degli arretrati.
Ma gli aiuti al calcio non finiscono qui. Dal ritiro di Gniewino, dove la Spagna campione in carica prepara l’Europeo (esordio domenica contro l’Italia) è rimbalzata la voce secondo cui la nazionale avrebbe contrattato con il governo spagnolo una detassazione ‘ad squadram‘ sul premio in caso di vittoria. Siccome sul premio previsto di 300 mila euro cadauno ogni giocatore avrebbe dovuto lasciarne il 52 per cento (156 mila) nelle casse dello Stato, per non spremere troppo i poveri giocatori è stato firmato un accordo intergovernativo tra la Spagna e i paesi ospiti, Ucraina e Polonia dove i premi sportivi sono detassati, per fare in modo che gli eventuali premi alle Furie Rosse non siano soggetti ad alcun tipo di tassazione. Ai calciatori insomma, dopo avere rovinato le casse statali, è adesso permesso di ricevere premi esentasse. Quando il calcio è evasione, anche fiscale.