Lo switch off dall’analogico al digitale – in corso in questi giorni in Sicilia – rischiava di far chiudere il telegiornale più antimafia d’Italia. E invece Telejato, la piccola tv comunitaria – cioè senza fini di lucro – di Partinico, in provincia di Palermo, è entrata nella graduatoria stilata stamattina dal Corecom Sicilia, l’organismo regionale dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Una lista attesa da giorni da migliaia di cittadini che, nei mesi scorsi, si sono stretti attorno a Pino Maniaci, conduttore e proprietario dell’emittente insieme alla moglie e alla figlia. Perché il passaggio al digitale della tv a conduzione familiare non era affatto scontato: difficile per le tv comunitarie avere tutti i requisiti per piazzarsi in graduatoria. Tra conteggi e bilanci, ad essere a rischio era la libertà di espressione, di cui Maniaci e il suo tg sono ormai un simbolo.
E invece Telejato è passata. Per sostenere gli alti costi del passaggio al digitale e aggiudicarsi un posto in graduatoria, diverse emittenti locali hanno deciso di creare un consorzio: 36 gruppi solo in Sicilia. Tra queste anche la tv di Partinico, «insieme a televisioni di Sciacca, Messina, Catania e Palermo», spiega Maniaci. Sul digitale, infatti, a essere assegnati non sono più i singoli canali ma un multiplex, cioè un pacchetto di quattro o cinque canali. «Adesso non resta che attrezzarsi per trasmettere in digitale – spiega felice Nadia Furnari del comitato Siamo tutti Pino Maniaci – E’ costoso, ma l’importante è avere ottenuto la possibilità di farlo».
La notizia della salvezza riporta l’allegria tra i membri del comitato. E fa tornare lo stesso conduttore quello che tutti conoscono. Nei giorni scorsi, infatti, Maniaci appariva teso: «Quello che la mafia non è riuscita a fare in tredici anni adesso dobbiamo subirlo dallo Stato», diceva. Da tempo sotto scorta per le minacce ricevute dalla criminalità organizzata, non si è mai arreso. La sua risposta a quanti tra gli esponenti della mafia locale volevano spegnere la sua voce è sempre stata una battuta. Una presa in giro che smitizza quel fenomeno che molti non nominano nemmeno.
Poco è stato anche il rumore creato attorno al destino della piccola tv siciliana. Sostenuta soltanto dalla società civile. «Sono in 60 le associazioni che hanno sottoscritto, mesi fa, il nostro appello – dice Maniaci – Ad esserselo dimenticato sono i professionisti dell’antimafia». Politici, sia locali che nazionali. Come Tommaso Dragotto, il candidato sindaco di Palermo alle scorse elezioni amministrative che a gennaio annunciava ai mezzi di stampa: «Telejato non deve chiudere. Ecco perché ho deciso di finanziare personalmente l’acquisto delle apparecchiature per la trasmissione in digitale dell’emittente di Pino Maniaci». Promessa avanzata ma mai mantenuta. «Tutte minchiate – commentava Maniaci – Noi non permettiamo a nessuno di fare campagna elettorale con Telejato». Ancora peggio il Pd nazionale. «Mi chiamano e mi dicono che presenteranno in commissione congiunta un emendamento per assegnare alle emittenti comunitarie il 30 per cento della quota dedicata alle tv locali», racconta Maniaci. Sul piatto anche la promessa di un incontro con il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. «Ma non so nemmeno che fine ha fatto questo emendamento».
Un’assenza che non ha stupito Maniaci. «Silvio Berlusconi aveva detto che avrebbe mandato Monti a casa se gli toccava le televisioni – dice – Io a questo punto ho chiesto ai partiti: “E voi siete pronti a mandare a casa Monti se non le tocca?”. Idv, Sel, Udc e Pd mi hanno risposto di no. E allora di che minchia stiamo discutendo?». Messe da parte le polemiche, arriva il momento dei festeggiamenti. Ma sempre in stile Telejato. «Continueremo comunque la nostra battaglia per la pluralità d’informazione – assicura Maniaci – Faremo da testa d’ariete per tutte quelle altre televisioni comunitarie che, non solo in Sicilia, saranno spente».