Da un lato ci sono stati i fischi di Mirandola, che in mattinata aveva definito un fiore all’occhiello sconosciuto nell’economia europea, e dall’altro gli applausi di Sant’Agostino. Giorgio Napolitano è stato accolto in modo contrapposto nella sua visita delle zone terremotate dell’Emilia Romagna.
Intorno alle 16, nel corso della prima tappa dopo la mattinata in Regione, un centinaio di persone hanno contestato il presidente Napolitano al suo arrivo a Mirandola, pochi minuti fa. Gli hanno urlato frasi ingiuriose. Una contestazione che era nell’aria. Da giorni la Digos fa verifiche e sapeva che oltre ai terremotati potessero arrivare persone dall’esterno. Il gruppo di contestatori si sarebbe unito alla gente del posto: fischi per i timori nella gestione dell’emergenza del terremoto, ma anche per il ruolo che il presidente ha avuto nella gestione della crisi. “I soldi non arriveranno mai”, gridano le persone radunate all’ingresso del campo. “Ci farete fare la fine che hanno fatto in Abruzzo”, sono le frasi che si sentono ripetere.
Invece a Sant’Agostino, in provincia di Ferrara, per il presidente c’è stata tutt’altra accoglienza: è stato applaudito e la gente gli ha detto di confidare in lui: “Signor presidente, lei è la nostra unica speranza, siamo nelle sue mani”. Napolitano, commosso, ha risposto: “Sono io nelle vostre”. Poi ha incontrato i familiari degli operai morti nei crolli dl 20 maggio, Leonardo Ansaloni e Nicola Cavicchi della Ceramica Sant’Agostino, Gerardo Cesaro della Tecopress e Tarik Naouch della Ursa di Bondendo.
“Ho trovato una grande fermezza, una grande determinazione ed anche molta forza: non nervosismo”. Con questo giudizio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiuso la sua visita nelle zone del terremoto dove ha potuto guardare da vicino i danni provocati dal terremoto agli edifici, ha parlato con i familiari delle vittime e ha stretto centinaia di mani tra gli applausi. Il capo dello Stato ha riferito che la richiesta comune di tutti è quella di avere un aiuto dallo Stato per superare questa prima fase di emergenza: “Dateci una mano, la possibilità di ripartire dai blocchi di partenza, poi a correre ci pensiamo noi”, ha detto Napolitano sintetizzando le richiesta raccolte in questa giornata passata in Emilia.
Tra le tende degli sfollati di Mirandola, il capo dello stato ha ricordato poi come “iIl governo si è mostrato molto pronto e sensibile, nonostante le ristrettezze finanziarie del momento” precisando di aver velocizzato la firma di un decreto scritto “con la massima attenzione per bisogni veri”. Inoltre di fronte a un gruppo di volontari: “Voi rappresentate l’Italia della solidarietà e del volontariato, questa è veramente l’Italia migliore. Ringrazio tutti i volontari che sono venuti in Emilia da ogni parte d’Italia”. Poi il capo dello Stato ha ricordato che il volontario è colui che ha deciso con spirito “di grande volontà” di rendere servizio “a chi ha bisogno, a chi soffre”.
La lunga giornata del capo dello stato. Per Giorgio Napolitano questo è stato il giorno più lungo dal 20 maggio scorso. Il presidente della Repubblica è arrivato attorno alle 12 a Bologna, insieme alla moglie Clio Maria Bittoni, nella sede della Regione Emilia Romagna da dove ha pronunciato il suo discorso ufficiale.
Attorno al capo dello Stato si sono radunati il governatore della Regione Emilia Romagna Vasco Errani e i colleghi di Veneto e Lombardia, Luca Zaia e Roberto Formigoni, che a margine ha annunciato che il Pirellone ha stanziato 43 milioni di euro per le aree disastrate. E ci sono i presidenti della provincia di Modena e di quella di Ferrara, Marcella Zappaterra ed Emilio Sabattini. E poi i sindaci, a iniziare da quello di Modena, Giorgio Pighi, oltre a quelli dei centri meno popolosi ma più colpiti dal lascito del terremoto, tra abitazioni inagibili, aziende crollate e campi sfollati gestiti dalla protezione civile (in sua rappresentanza, nel palazzo della Regione c’era il prefetto Gabrielli).
Napolitano: “Ho firmato il decreto sull’emergenza a occhi chiusi”. Il presidente Giorgio Napolitano, salutando “in modo speciale perché hanno un ruolo speciale” i sindaci, “i pilastri della vita istituzionale”, ha detto aprendo il suo intervento: “In Friuli, in una visita programmata, ho visto di recente cosa era quella regione all’indomani del terremoto e lo straordinario sforzo per reagire all’emergenza. In quel caso, come oggi, bisogna cogliere la lezione a livello nazionale, con un piano di sicurezza sul rischio sismico. Ho ascoltato e dovrei solo convalidare quello che avete detto, tranne il verbo ringraziare perché non mi compete, non c’è di che ringraziare chi viene qui a rappresentare lo Stato. Sono qui per vedere ed ascoltare, ho solo cominciato a farlo. Ho vissuto altri momenti di emergenza, tra il 1996 e il 1998 quando ho avuto la delega della protezione civile e si verificarono le alluvioni in Versilia e a Sarno, il terremoto in Umbria e nelle Marche”.
Venendo all’oggi e a quello che sta accadendo, Napolitano ha parlato di un evento “molto serio, molto grave e per molteplici aspetti: pluralità delle estensioni, colpite eccellenze patrimonio storico, artistico e culturale, quella dell’economia, del livello di civismo e di capacità di vita associata. Tutto queste condizioni e conquiste vano ristabilite. Qui la trasformazione da un territorio povero è stata straordinaria e accelerata. Innanzitutto abbiamo vittime da piangere, rimaste schiacciate mentre lavoravano”.
“Mi ha colpito come si è parlato di Mirandola”, ha detto poi, “forse qualcuno pensava che fosse un paese di fiere, invece è un grande centro di produzione biomedicale in Europa. Occorre evitare che se ne vadano le aziende, dando vita a sistemi come quelli di agibilità temporanea, per impedire che fino al momento della definita certificazione della piena messa in sicurezza si possa riprendere un’attività. Le condizioni essenziali di sicurezza sono prioritarie per il sistema Paese”.
“L’Italia vive un periodo difficile, siamo ad alto rischio sismico e vulcanico ed è un delitto non mettere in atto le giuste misure di prevenzione. L’opportunità sottolineata dagli amministratori locali per la ricostruzione deve essere un’opportunità nazionale anche per altre zone limitando danni e vittime. Questo deve essere fatto e va oltre l’impegno della ripresa. Voi amministratori del territorio, non potete pensarci da soli, ci dobbiamo pensare noi al problema dell’emergenza e della ricostruzione in una corretta divisione dei compiti”.
E andando verso la fine del suo intervento, citando l’alluvione del Polesine, “la prima grande emergenza naturale in Italia e poi altre e sono seguite”, ha concluso dicendo: “Potrei dire che dobbiamo avere il senso di quello che abbiamo superato, la mia è una generazione che ha vissuto la guerra. Se è finita quella, vi dico che finiranno le scosse. Il decreto dell’emergenza l’ho firmato a occhi chiusi e voi avete dato una buona risposta alle esigenze che avete posto. Cito il presidente del consiglio Mario Monti perché la mia funzione è vedere bene e ascoltare seriamente per trasmettere il senso a chi decide, il governo, che dovrà adottare gli ulteriori provvedimenti che si renderanno necessari. Voi continuate con le prove di collaborazione, solidarietà e slancio, intanto bisogna stare attenti che non scemi l’attenzione con la fine della fase incandescente. Spero di tornare quando la casa non brucerà più”.
Errani: “Non chiediamo assistenzialismo”. Il primo a prendere la parola è stato Errani, estendendo il discorso oltre all’Emilia Romagna anche alle province di Mantova e Rovigo: “Presidente, nessuno qui chiede assistenzialismo. Lo Stato è qui, con lavoro concreto di persone che ci mettono la faccia. Le imprese che hanno posto alle imprese colpite e in difficoltà per riprendere il lavoro o recuperare i prodotti e rimettere in funzione le macchine”. E poi ha aggiunto che occorrono “giuste regole per abbattere la burocrazia, contrastando le infiltrazioni criminali”.
“L’Europa fa bene a puntare sull’Emilia Romagna”, conclude Errani, “siamo fieri di aver trovato nella sua carica istituzionale un alleato prezioso, e siamo felici dell’approvazione del decreto legge, firmato da lei e dal presidente del consiglio Monti: il primo passo verso la direzione giusta di una ricostruzione che sarà lunga. Ma da questa terribile emergenza gli emiliano romagnoli ne usciranno più forti di prima”.
Anche il prefetto Franco Gabrielli parla “dell’Italia migliore, quella che fin dalle prime ore è presente con 4 mila persone tra volontari, amministratori, scienziati, forze dell’ordine. Gli sfollati sono 17 mila accolti in scuole, campi, alberghi, e poi ci sono colori che si danno da fare per mense, sostegno materiale ed economico. Collettività coese e determinate, un popolo che non vuole arrendersi. Istituzioni dalle facce preoccupate ma non rassegnate. Ora vorremmo che quell’Italia si trasformasse nell’Italia della prevenzione. Per le devastazioni più recenti, comprese le alluvioni, si pagano prezzi che non possono più accetttati. Abbiamo due grandi ricchezze da proteggere in via prioritaria: il territorio e la gente”
Il sindaco di San Felice: “I riferimenti storici delle nostre comunità distrutti in pochi secondi”. Nelle parole degli sindaci dei Comuni più piccoli, ci sono parole quasi corali, quando si chiede di un “impegno per il futuro”, di “non essere lasciati soli nel dramma che qui ha colpito”. Ma che si che tenda conto del pericolo costituito da “balzelli giuridici” che possano rallentare la ripresa economica. Lo dicono tra gli altri il sindaco Ficarolo, Fabiano Pigaiani, Comune di 2600 abitanti che sorge sulla riva sinistra del Po, in provincia di Rovigo, quello di Moglia, Simona Maretti, presso il cui territorio si è installato un centro coordinamento territoriale, 17 strutture d’accoglienza e 4 mila sfollati solo qui.
La presidente della provincia di Ferrara, Marcella Zappaterra, ha detto che “stavolta non siamo in grado di dire che facciamo da soli” vista la devastazione umana, economica e storico-culturale. A fronte di un territorio che non è più lo stesso neanche a livello di paesaggio, sconvolto in colore e profilo, ha aggiunto: “Buone prove sono il decreto del governo, ma l’attenzione va riportata su ciò che non può essere ricostruito, a iniziare dalla vita delle 26 persone uccise. Occorrono la cura e la sicurezza indispensabili per evitare il ripetersi di tragedie del genere”. E ribadendo il no alla burocrazia ancora nella fase dell’emergenza, “già nei prossimi giorni dovremo affrontare politiche urbanistiche e classificazione sismica e ciò comporterà problemi. Ma anche un’opportunità di un piano di ricostruzione per il quale abbiamo bisogno di sostegno”.
Per quanto riguarda i sindaci dell’Emilia Romagna, quello di San Felice sul Panaro, Alberto Silvestri, sottolinea “il pericolo di altre scosse grava ancora sul territorio. Ci avevano fatto credere che fossimo zona a bassa pericolosità e invece adesso anche solo procurarsi i beni primari è difficile. L’urgenza vera è ripartire presto, senza rallentamenti burocratici. Il rischio che corriamo è che le aziende se e vadano e non tornino più. È necessario e urgente far ripartire l’economia e ridare una casa a chi l’ha persa. Ciò che fino al 19 maggio era scontato, oggi non lo è più. Da soli non ce la possiamo fare, nei prossimi provvedimenti governatici si deve tenere conto di una catena decisionale corta”.
Zaia: “Due giugno, grande errore”. ”Faccio parte di chi per primo ha detto che non si doveva proprio fare. Avremmo risparmiato un sacco di risorse rispetto a quella manifestazione, ma vorrei ricordare anche ai più distratti che se il Capo dello Stato non dava corso a quella parata, tutte le Prefetture non avrebbero fatto buffet, concerti e banchetti, quindi le risorse sarebbero state molte da dedicare ai terremotati”. Così Luca Zaia, presidente della Giunta veneta, a chi gli ha chiesto – a margine dell’incontro con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Bologna – un commento sull’opportunità o meno della parata del 2 Giugno.
Poche scosse nella notte, 17mila sfollati. È stata una notte relativamente tranquilla nelle zone emiliane terremotate. Nove le scosse nelle prime otto ore del giugno, di cui otto tra il grado 2 e 3 della scala Richter. Senza dimenticare che il 5 giugno in 24 ore si sono verificate “solo” 38 scosse e che il 6 secondo stime Ingv non ancora ufficiali non si è arrivati alle 25. Il 5 e 6, e probabilmente anche il 7, si avviano ad essere le giornate con meno scosse dal 20 maggio scorso, quando ci si è mantenuti su una media di 60-70 scosse giornaliere.
Ammonta a 17 mila il numero degli sfollati colpiti dal terremoto del 20 e del 29 maggio. Lo ha affermato ieri Franco Gabrielli: “Sono quelli che alloggiamo nelle nostre strutture, ma assistiamo un numero di persone molto maggiore. Non ci sono criticità e in qualche campo ci sono anche posti disponibili”. Inoltre “non ci sono necessità che attengono ai generi primari, come la pasta anzi, qualche improvvido sindaco che ha lanciato messaggi si è pentito amaramente, perché non sa più dove mettere la roba”.
Sono 8.893 i cittadini sfollati ospitati nei comuni modenesi. In seguito all’entrata a regime del nuovo campo di Carpi, la disponibilità complessiva di posti in centri di accoglienza e strutture coperte coordinata dal Centro unificato di protezione civile (Ccs) di Marzaglia è di 11.016 posti. Altre 1.896 persone sono state sistemate in strutture alberghiere dell’Appennino modenese.