Il traffico di stupefacenti arricchisce le reti criminali, ma anche le banche. Soprattutto quelle europee e statunitensi. A rivelarlo è una ricerca dell’Università delle Ande di Bogotà, la più dettagliata mai realizzata sull’economia della droga. Alle nazioni “produttrici”, spiegano gli autori dello studio, restano le briciole: di tutto il denaro generato dalla produzione e dal traffico di coca, infatti, solo il 2,6% rimane in Colombia, mentre il restante 97,4% è un’enorme torta che si spartiscono malavita organizzata e operatori finanziari di Europa e Stati Uniti. I motivi? Da una parte l’ipocrisia delle nazioni “consumatrici” (Usa, Gb e Spagna in testa), più impegnate a mostrare che a ottenere risultati nella lotta alla droga; dall’altra le restrizioni del sistema bancario colombiano, che a differenza di quello occidentale non facilita il riciclaggio di denaro.
Perché in Colombia si deve impazzire a livello burocratico per depositare duemila dollari mentre le banche statunitensi permettono “la qualunque”, con la scusa delle leggi sulla privacy? È ciò che si chiedono gli economisti Alejandro Gaviria e Daniel Mejía, nella ricerca “Anti-Drugs Policies In Colombia: Successes, Failures And Wrong Turns” (Ediciones Uniandes, 2011), lavoro che fa parte di un’iniziativa del governo colombiano per rivedere le politiche globali sulla droga. “In Colombia – afferma Gaviria – le banche ti fanno domande che non ti farebbero mai negli Stati Uniti”, dove “ci sono rigide leggi sul segreto bancario”. Eppure, la quantità di denaro riciclato è molto più elevata negli Usa: “È abbastanza ipocrita, no?”, si chiede l’economista. “L’intero sistema gestito dalle autorità dei Paesi consumatori si limita a cacciare i pesci piccoli, l’anello più debole della catena, e mai quelli grossi o i sistemi finanziari, in cui si fanno i grandi affari”, rincara la dose il collega Mejía, co-autore dello studio.
Per svolgerlo, i ricercatori hanno eseguito numerosi sondaggi e interviste a soggetti operanti nel mondo politico, sociale ed economico. Tutti in qualche modo coinvolti nelle sanguinose guerre per la droga che hanno sconvolto per anni il Paese sudamericano. L’anno preso in considerazione è il 2008, e le conclusioni sono a dir poco sconcertanti: dei 300 miliardi di dollari provenienti dalla produzione di cocaina, solo 7,8 rimangono in Colombia. Capitali che vanno altrove, aggiungendo al disastroso impatto del narco-traffico sulla società e la politica colombiane una costante perdita economica.
“La società colombiana non ottiene alcun vantaggio economico dal traffico di stupefacenti – puntualizza Gaviria – mentre enormi profitti vengono realizzati dalle reti di distribuzione criminali nei Paesi consumatori”. “Se i Paesi come la Colombia beneficiassero economicamente dal traffico di droga, ci sarebbe un po’ senso in tutto questo”, aggiunge lo studioso: “Invece, abbiamo pagato il prezzo più alto per i profitti di qualcun altro”. Un problema che riguarda da tempo la Colombia, e ora anche il Messico, dove le guerre fra narcos fanno decine di migliaia di morti ogni anno.
Ma come è possibile tutto ciò? “In Europa e in America il denaro si disperde”, spiegano gli economisti: “Una volta che raggiunge il Paese consumatore entra nel sistema”, dopo di che non se ne sa quasi più nulla. Non solo, “Si preferisce stare dietro alla micro-economia della coca, o alle coltivazioni in Colombia, anche se l’entità monetaria di queste realtà è generalmente minuscola”.
“Sappiamo che le autorità americane o britanniche conoscono ben più di quel che dicono”, affermano i ricercatori: “Ma è tabù perseguire le grandi banche”. “È un prolungamento del loro modo di operare in patria – accusa Mejía – Ci si concentra sulle fasce disagiate della popolazione, solamente per mostrare di avere ottenuto dei risultati. Trasferendo ancora una volta i costi delle guerre per la droga sui più poveri, ma non sul sistema finanziario ed i grandi business che muovono le fila di tutto”.
Del resto, ammettono gli autori di una ricerca sul narco-traffico che sembra più un’accusa al sistema liberista e finanziario, nei Paesi occidentali sarebbe un “suicidio politico” non fare altrimenti, “vista la situazione economica e considerate le grandi quantità di denaro riciclato” in gioco.