La Commissione europea presenta la nuova strategia per risolvere le crisi degli istituti di credito: piani di prevenzione, controlli nazionali e finanziamenti con fondi delle banche stesse. "Non devono più pagare i contribuenti”, ha detto il Commissario Barnier, ma la normativa scatterebbe non prima del 2015
Nelle intenzioni della Commissione europea “le proposte adottate oggi relative a norme a livello Ue per il risanamento delle banche e la risoluzione delle crisi degli istituti di credito” risolveranno “l’inadeguatezza degli strumenti di cui dispongono le autorità pubbliche” proprio per gestire tali crisi. Sta di fatto che, con un ottimismo forse un po’ esagerato, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e il Commissario Ue al Mercato interno Michel Barnier, hanno presentato oggi a Bruxelles la nuova strategia Ue per salvare il sistema bancario europeo.
Per dirla “alla Draghi”, si tratta del primo passo verso un’unione bancaria europea. Tre i punti saldi della proposta di riforma della Commissione: prevenzione con piani di gestione di eventuali crisi, rafforzamento della vigilanza e azioni di salvataggio delle banche con fondi finanziati dalle banche stesse. Il primo punto obbliga gli istituti di credito a redigere “piani di risanamento” e “piani di risoluzione” che stabiliscano le misure che scatteranno in caso di deterioramento della loro situazione finanziaria e che ripristineranno la loro sostenibilità economica”. Nel corso di questa gestione, alle banche può anche essere imposto di “modificare le proprie strutture giuridiche o operative”.
Più controllo nazionale e coordinamento internazionale. La proposta della Commissione prevede che le autorità di vigilanza preposte possano addirittura nominare un “amministratore straordinario per una determinata banca per un periodo limitato in caso di deterioramento significativo della situazione finanziaria”. Nel caso di istituti di credito che operano a livello transfrontaliero, è prevista l’istituzione di “collegi di risoluzione delle crisi, sotto la leadership dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo e con la partecipazione dell’Autorità bancaria europea (Eba)”. Proprio l’Eba, oggi relegata a un ruolo da spettatrice rispetto alle sue reali potenzialità, “agevolerà azioni congiunte e, se necessario, svolgerà un ruolo di mediazione vincolante”, proprio secondo quanto voluto dalla Germania.
”Non deve più ripetersi che a pagare per le banche siano i contribuenti”, ha detto chiaro e tondo il Commissario Barnier in conferenza stampa, snocciolando i dati dell’interventismo comunitario in soccorso delle banche da quando è scoppiata la crisi. “Tra il 2008 e il 2011 la Commissione europea ha approvato aiuti di Stato a favore delle banche per 4.500 miliardi di euro, pari al 37% del pil dell’Unione europea”. Ed è proprio qui che arriviamo al terzo punto della proposta della Commissione: “Se il finanziamento non può provenire dal mercato e per evitare che le azioni di risoluzione delle crisi vengano finanziate dallo Stato, i fondi di risoluzione delle crisi forniranno un finanziamento supplementare che raccoglierà contributi dalle banche proporzionati alle loro passività e profilo di rischio”. Insomma, parafrasando, che a pagare per le banche siano le banche stesse. Ma di quanto parliamo? “I fondi dovranno accumulare capacità sufficiente per raggiungere in 10 anni l’1% dei depositi coperti”. Secondo le stime della Commissione, si tratta di qualcosa come 70 miliardi di euro dopo 10 anni per l’Eurozona e 100 miliardi di euro se consideriamo tutti i 27 Paesi Ue. Ad un primo sguardo potrebbero sembrare cifre interessanti, ma se consideriamo l’impatto dell’attuale crisi economica e il costo reale per gli istituti di credito, si cambia subito idea.
“Si tratta di un passo fondamentale verso l’unione bancaria nell’Ue”. Non ha dubbi il presidente della Commissione europea José Manuel il Barroso, che si detto convinto che queste misure “responsabilizzeranno il settore bancario, contribuendo così ad assicurare in futuro stabilità e fiducia nell’Ue, in un momento in cui operiamo per rafforzare e integrare ulteriormente le nostre economie interdipendenti”. Sarà, ma non ci si poteva pensare prima? “La proposta di oggi potrebbe essere utile solo per il futuro ma non risolve assolutamente i problemi che ci troviamo ad affrontare oggi”, è la secca risposta di Sharon Bowles (inglese, liberale) presidente della commissione per i problemi economici e monetari al Parlamento europeo. “Di sicuro sarà troppo tardi per salvare la Spagna”, ha aggiunto la Bowles, che ha attaccato senza mezzi termini queste “regole gravemente in ritardo” che arrivano a cinque anni dal collasso della Lehman Brothers. Si perché, ammesso e non concesso che il piano della Commissione europea sia davvero efficace, non entrerebbe in vigore prima del 2015, dal momento che prima bisogna trovare l’accordo tra tutti i Paesi Ue e poi c’è bisogno dell’ok del Parlamento europeo. Un lungo percorso che inizia il 28 giugno, sempre a Bruxelles.