Il via alle danze lo ha dato l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi parlando al Corriere della Sera. “La spinta al suicidio di questo partito non ha limiti” ha detto sconsolato, ma senza mezzi termini. Il commento, precisa, è riferito “a chi ha avallato queste decisioni”. Il tema è la nomina dei candidati all’Autorità garante per la privacy e all’Agcom, quella per le Telecomunicazioni, al centro di una vera e propria bufera nel confronto tra i democratici. Non solo infatti è spuntata l’accusa di “primarie farsa” per indicare i nomi da proporre al Parlamento (personalità poi puntualmente approvati come commissari), ma in generale sul metodo da spartizione al quale anche i democratici alla fine hanno partecipato, in tempi molto difficili per la politica.
I malumori dei giorni scorsi sono esplosi oggi alla direzione del Pd. Dopo di lui hanno messo in mora la scelta dei candidati anche Piero Fassino, Paolo Gentiloni, Arturo Parisi e la prodiana Sandra Zampa. Alla fine ha tirato le somme Pier Luigi Bersani; prima ha chiarito che pochi siano gli “innocenti” poi ha messo l’accento sul tema delle regole. Tra i primi interventi critici quello del sindaco di Torino Piero Fassino: “Non sono un ingenuo ma non possiamo permetterci scatti come quelli degli ultimi giorni – dichiara – La vicenda dell’Authority non può ripetersi perchè la società non lo accetta più. Dobbiamo voltare pagina e oltre a intervenire sui meccanismi di nomina dobbiamo partire dalla competenza e dalla professionalità dei curriculum”. Segue il responsabile Cultura del partito, Matteo Orfini, uno dei “giovani”, che usa parole ancora più dure: “Abbiamo fatto una figuraccia per assecondare un capriccio di corrente, ma se un bambino fa i capricci lo si mette in castigo. Noi gli abbiamo comprato il gelato. Quello che abbiamo fatto allontata il Paese da noi, avere accettato quel meccanismo è stata una solenne sciocchezza. Più che cambiare i meccanismi di nomina bisogna cambiare i meccanismi con cui funzioniamo noi. Non basta dire, come ha fatto Bersani, che quando devi fare una nomina è meglio avere la febbre. Perchè quando sarai a palazzo Chigi, Pierluigi, dovresti farti ricoverare e non sarebbe un bene per il Paese”.
Segue poi l’intervento di Andrea Sarubbi, tra i più critici già nei giorni scorsi: “Peccato – dice – se Piero Fassino avesse manifestato prima i suoi dubbi, le nomine Agcom e Privacy sarebbero andate diversamente. Come notano oggi anche autorevoli membri della segreteria le nomine sono state frutto, cito testualmente, di un capriccio di corrente. Mi rincuora tuttavia il fatto che un tema portato avanti da alcuni di noi, pochi a dire il vero, nel gruppo parlamentare abbia acquisito centralità nel dibattito all’interno del principale luogo di elaborazione politica del partito. Peccato solo che questa consapevolezza arrivi a frittata ormai fatta”.
Infine Stefano Fassina, responsabile Economia, già noto per i suoi tentativi di dare discontinuità alla linea del partito, anche in relazione al rapporto con il governo Monti: “Mi chiedo, ma i parlamentari che hanno criticato la scelta dei candidati alle Authority, perché le hanno votate?”. A Fassina replica Rosy Bindi: “Bastava la maggioranza semplice, sia nel gruppo che in aula, questo forse non ti è chiaro”.
A tutti risponde direttamente il segretario Pierluigi Bersani: “Bisogna trovare dei meccanismi che riducano al minimo” ogni tipo di problema sulle nomine alle autorità indipendenti, ha detto. “Ho sentito molte critiche oggi sulla nomine, tutte legittime ma raccomanderei che avessero un tono accettabile. Abbiamo una storia alle spalle su tutti questi temi e non c’è nessun innocente. Ma questa cosa di sottovalutare il meccanismo delle regole è un errore. Perchè dovete spiegarmi per quali motivo per l’Autorità dell’energia davanti a scelte opinabili non vengono fuori giornalate. Perchè?”.
In serata per “eliminare ogni dubbio o insinuazione” i capigruppo Anna Finocchiaro e Dario Franceschini hanno inviato una lettera ai parlamentari Pd con la quale hanno reso noti “tutti i risultati” in modo da rispondere alle “critiche, anche di parlamentari, al meccanismo giudicato a posteriori poco trasparente”. E così emerge che per quanto riguarda l’Autorità sulla privacy, la maggioranza delle preferenze le incassa Licia Califano con 121 voti, mentre Antonello Soro, che ha attirato i malumori di alcuni esponenti del partito, ottiene 117 voti risultando al secondo posto.
Ma il fuoco amico non si placa. Dopo le ripetute dichiarazioni di fedeltà al governo di Bersani, Fassina nel suo intervento di oggi ha messo di nuovo nel mirino Monti: “L’esecutivo – spiega – Ha dimostrato una inadeguatezza non di qualche ministro, ma di una cultura economica non in grado di fare fronte alle questioni che abbiamo di fronte. Serve un allentamento dell’austerità auto-distruttiva. Possiamo cancellare l’aumento dell’Iva, allentare il patto di stabilità, risolvere il problema degli esodati? C’è uno spread democratico da non sottovalutare, perché è difficile riformare il Paese con istituzioni che perdono credibilità. Di questo bisogna parlarne dopo l’estate”.