Il presunto attentatore ha detto di aver acquistato la batteria per l'ordigno in un'officina "lungo la via per Nardò", ma tutti i commercianti della zona negano. Poi quel "noi" ripetuto durante l'interrogatorio: "Si comportava ai limiti dell'offesa dell'intelligenza di chi lo ascoltava"
“Non è mai stato un nostro cliente e qui non lo abbiamo mai visto. Di più. E’ impossibile che abbia acquistato da noi la batteria per confezionare la bomba, come ha detto, semplicemente perché in questa officina vige il divieto di vendita. Le batterie che abbiamo vengono installate direttamente sulle auto in riparazione”. Sono queste parole a segnare le prime incongruenze nella deposizione fatta dal presunto attentatore di Brindisi, Giovanni Vantaggiato, la sera di mercoledì scorso. A parlare, oggi, è il titolare della “ditta Greco”, a Copertino, nel Leccese. È in quella rivendita “sulla via per Nardò” che lui, come ha dichiarato, ha acquistato una parte dell’occorrente necessario per confezionare l’ordigno fatto esplodere il 19 maggio, di fronte all’istituto Morvillo Falcone a Brindisi. Eppure, in quella ricostruzione, iniziata alle 22.20 dopo ore di interrogatorio nella questura di Lecce, lui ha messo insieme i pezzi con grande memoria, lucidamente, ricordando ogni nome delle strade in cui aveva parcheggiato le sue auto, vicino la scuola, riproponendo con dovizia di particolari ogni sequenza di quei giorni di fabbricazione dell’esplosivo e poi di sopralluoghi, il 5 maggio.
“Ho acquistato il telecomando da un impiantista da me scelto sulle Pagine gialle e che si trova in un paese tra Copertino e Maglie. Ho acquistato la batteria dalla ditta Greco sulla via per Nardò. Ho acquistato la polvere pirica in più occasioni da vari rivenditori nel comune di Lecce”. Questo c’è scritto nel verbale di interrogatorio davanti al procuratore leccese Cataldo Motta e ai sostituti procuratori Guglielmo Cataldi e Milto Stefano De Nozza, oltre a investigatori di polizia e carabinieri. Un verbale in cui lui, minuziosamente, prosegue: “Insisto nel dire che la scelta del luogo ove è stata collocata la bomba è stata del tutto casuale e l’ho fatto perché ce l’avevo con il mondo intero e nello specifico perché prima si lavorava e si guadagnava adesso questo non succede più. Ho fatto esplodere l’ordigno in un punto di passaggio delle persone ma non avevo nulla contro di loro in quanto non avevo un obiettivo ben preciso. La mia voleva solo essere una forma di protesta. In ogni singola bomba ho collocato circa dieci chilogrammi di polvere pirica. Per l’innesco ho utilizzato una centralina collegata ad una batteria, a sua volta collegata con tre coppie di fili elettrici avvolti intorno alla resistenza di tre lampadine da 12 volt, a cui avevo rimosso il vetro di copertura che poi avevo inserito all’interno di ognuna delle tre bombole. Una volta dato l’impulso con il telecomando, la centrale riceve il segnale e lo trasmette alla batteria, la quale dà l’impulso elettrico ai fili che incendiano la resistenza che a sua volta dà l’innesco alla polvere pirica”.
Eppure, quello dell’acquisto del generatore è un particolare che non torna. L’esercente non ha dubbi. “E’ impossibile, benché la ditta Greco sia solo la nostra”, ripete, dopo aver appreso la notizia dalla stampa. Non è stato ancora ascoltato dagli inquirenti e non è escluso che questo venga fatto al più presto. Esistono due altre rivendite di ricambi per auto nei dintorni della strada che va verso Nardò. E neppure lì, nonostante i titolari conoscano Vantaggiato, risulta che gli sia stato venduto alcunché. “A meno che non abbia fatto venire qualcun altro – dicono i commercianti – Lui proprio non s’è fatto vedere e lo si può dire con certezza, perché Copertino, in fondo, è un paese piccolo e i nostri clienti li abbiamo tutti in mente”.
Incongruenze che fanno il paio con le altre più macroscopiche venute fuori dal verbale. L’uso del “noi”, la prima persona plurale, non è un dettaglio. “Noi chi?”, gli hanno chiesto i magistrati. “Si usa dalle nostre parti – ha risposto lui- Non ho ricevuto aiuto da nessuno nel collocare l’ordigno, nel prepararlo e nel farlo esplodere”. Ma non convince. Anzi, nell’interrogatorio di mercoledì ha assunto un atteggiamento “ai limiti dell’offesa all’intelligenza di chi lo interrogava, tendente evidentemente ad occultare il concorso di altri”. Lo scrivono gli stessi magistrati della Dda di Lecce e della Procura di Brindisi nel decreto di fermo. E lo confermano anche i pochi amici che ha a Copertino: “Si sta addossando tutte le colpe perché sta coprendo qualcuno”.
Intanto, per lui si prepara la terza notte nella cella d’isolamento di Borgo San Nicola. È nella sezione femminile del carcere salentino per ragioni di sicurezza. In quella maschile è detenuto lo zio di una delle ragazze ferite nell’attentato, un esponente della Sacra Corona Unita, e si teme per la sua incolumità. Per ora Vantaggiato non può avere contatti con l’esterno né può leggere giornali o guardare la tv. Almeno fino all’udienza di convalida del fermo, fissata per le 8.30 di domani, dinanzi al gip del tribunale di Lecce Ines Casciaro. In mattinata, però, il sessantottenne ha avuto un lungo colloquio con il suo difensore. “Ha pianto, inizia a prendere coscienza di ciò che ha fatto – ha confermato l’avvocato Franco Orlando – È molto provato, sebbene sia lucido. E certamente si farà aiutare dagli psicologi della casa circondariale”.