L'ex manager di Intesa San Paolo: "A cosa servo se non posso varare un decreto per la crescita?". Il problema di fondo è la quantità di risorse da iniettare nel sistema produttivo italiano, attraverso incentivi fiscali previsti dal decreto legge
Il Quirinale preme, il governo è in difficoltà. Il punto è uno solo: il decreto sviluppo quanto prima. Ma l’esecutivo non sa che pesci prendere: perché tra terremoto e emergenze varie, non sa cosa inserire nel decreto legge. Al momento, quindi, nulla da fare, il decreto sviluppo non è stato esaminato nemmeno ieri, e il ministro Corrado Passera non la prende bene facendo schizzare alle stelle la tensione all’interno del governo. Fa addirittura paventare le dimissioni quando chiede: “A cosa serve un ministro dello Sviluppo se non può varare un decreto per la crescita?”. Parole inequivocabili, che tradiscono anche un certo nervosismo che secondo i maligni dipenderebbe dal futuro ‘elettorale’ del ministro dello Sviluppo economico (per molti potrebbe candidarsi a premier come leader di una coalizione di centro). Il problema di fondo rimane la quantità di risorse da iniettare nel sistema produttivo italiano, attraverso incentivi fiscali previsti dal decreto legge. Con la Ragioneria generale, e cioè il Tesoro e quindi Mario Monti, che nicchia. E poi l’altro contrasto tra il ministero dello Sviluppo e la struttura guidata da Giavazzi a Palazzo Chigi, chiamata a rivedere il sistema degli incentivi fiscali.
Passera non apre un frattura direttamente con il ministro dell’economia, ma con il viceministro Vittorio Grilli. Quest’ultimo, sottolineando la valutazione della Ragioneria generale dello Stato, avrebbe spiegato come non ci siano le coperture per il capitolo trasporti del decreto. E poi, dopo il terremoto, avrebbe insistito Grilli, c’è poco da fare. “Non si può parlare di ritardi” ha detto il numero due del Tesoro, smentendo contrasti con Corrado Passera e ‘smontando le ricostruzioni dei giornali. “Non mi riconosco nelle ricostruzioni che leggo – ha sottolinea Grilli – C’è grande collaborazione”.
Altra bega riguarda il credito di imposta per la ricerca che costa circa 500-600 milioni. Ma ci sono anche altri punti come la volontà di portare a un milione di euro la possibilità per le imprese di compensare i crediti e i debiti con il fisco. Ma anche l’incentivo sulle ristrutturazioni edilizie che Passera vuole al 50 per cento. Il Consiglio dei ministri però ieri si è limitato ad approvare qualche norma come il Piano nazionale famiglia, che unifica per tutto il territorio gli incentivi rivolti ai nuclei famigliari. Oppure i 420 milioni per dar vita ad una infrastruttura nazionale di rifornimento dei veicoli elettrici e per incentivare la diffusione di questo tipo di autovetture al quale il governo ha accettato di mettere a disposizione le coperture richieste.
Ma sulle questioni determinanti nulla di fatto. A frenare è il super consulente di palazzo Chigi, Francesco Giavazzi, chiamato da Monti a mettere ordine a sistema degli incentivi fiscali a favore dell’industria. Oltre che da Passera, il decreto è atteso anche da altri ministri che hanno pronte misure a costo zero da inserire. Ci sono norme per l’alimentare, volute da Catania, e alcune misure nel campo della giustizia attese dalle imprese: la riforma del diritto fallimentare, il filtro in appello per i processi civili, nonchè un meccanismo più veloce per le cause di risarcimento per irragionevole lunghezza dei procedimenti. Il rinvio ha fatto spazientire anche i partiti della maggioranza, tanto che Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del Pd alla Camera ha chiesto al premier Monti di “prendere in mano la situazione per sbloccarla”.