A Concordia sulla Secchia, paese gravemente danneggiato dalle scosse del 29 maggio, l'idea di creare una cittadella di 60 prefabbricati con chi cerca di continuare la sua attività commerciale e artigianale. Il sindaco: "La gente ha bisogno di fiducia e ricominciare a lavorare aiuta moltissimo"
Il cuore commerciale di Concordia, infatti, è tutto concentrato nelle strade storiche al momento invase dai detriti, inagibili a causa degli edifici pericolanti che costellano il centro. Ora completamente deserto. Come la caserma dei carabinieri, la cui torre è attraversata da un buco ampio quanto pericoloso, a rischio crollo, il cimitero devastato, le 5 chiese totalmente distrutte, il municipio in condizioni precarie, tutti gli edifici pubblici e 5 palazzi colpiti da parziali o totali crolli.
“Se dovessimo attendere di effettuare i sopralluoghi potrebbero volerci settimane, mesi anche – spiega l’assessore – perché non c’è alcuna rassicurazione circa i tempi in cui questo fenomeno finirà. Potrebbe andare avanti un anno, come a L’Aquila, o esaurirsi in sei mesi, i sismologi non hanno sufficienti elementi per delineare il quadro di un evento naturale che, comunque, è imprevedibile. Quindi, dobbiamo agire affinché i disagi vengano progressivamente ridotti al minimo”.
E dopo aver riaperto i negozi in una nuova area, prossima al centro e alle abitazioni, la seconda priorità saranno le aziende. “Qui abbiamo tantissime imprese che rischiano di fallire a causa del terremoto o che sono gravemente danneggiate, come la Cpl, da 1400 dipendenti, o la Baroni. Perché come in tutte le città colpite dal sisma o epicentriche come la nostra, la chiusura determinata dall’inagibilità potrebbe comportare la perdita dei clienti – ha aggiunto Secchi – quindi, scosse permettendo, divideremo le squadre dei vigili del fuoco tra case e imprese, così da poter permettere a chi ha subito meno danni di ripartire il prima possibile”.
Un progetto che, si è visto in questi giorni di sussulti continui, più di settanta solo lunedì, non è facile da realizzare poiché ad ogni scossa superiore ai 3.5 gradi di magnitudo i controlli sono da rifare, come prevede la legge. “Il dramma che stiamo vivendo è legato soprattutto ai terremoti del 29 maggio, iniziati con un episodio sismico alle 9 di mattina, di 5.8 gradi della scala Richter, e proseguiti nell’arco di tutta la giornata, alle 12.55 di magnitudo 5.3, alle 13.00 di 4.9 e subito dopo di 5.2. – spiega l’assessore di Concordia – Noi il 20 maggio avevamo subito danni più lievi rispetto a Finale e a San Felice, avevamo persino tutte le scuole funzionanti e dovevamo soprattutto gestire la paura, che aveva indotto una buona parte della popolazione a dormire in auto. Ma poi, la settimana dopo, siamo stati letteralmente buttati a terra”.
E oggi Concordia, come San Rocco, Novi di Modena, Mirandola, Medolla, Cavezzo, San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Poggio Rusco e tutti i comuni tra Modena, Ferrara, Bologna e il mantovano, è una città fantasma. Le strade che conducono al cuore dell’agglomerato urbano sono sbarrate, le case hanno le imposte chiuse e i cortili si sono riempiti di tende. Installate a tempo indeterminato perché la paura, là nella bassa emiliana, è sempre più difficile da esorcizzare. “A ogni tremito ci riversiamo tutti in strada e ci guardiamo negli occhi, chiedendoci tra noi quando finirà – racconta zia Paola, come la chiamano affettuosamente nell’albergo nei pressi di Novi in cui è ospitata, dopo essere stata sfollata da una Moglia gravemente devastata – ho perso tutto, non mi rimane più niente e non so cosa succederà da qui a un mese. Ma vedere questo deserto che ci circonda non ci aiuta a superare il terrore di avvertire la casa attorno a noi stringersi e piegarsi”.
“La gente ha bisogno di fiducia, e la fiducia si riacquista solo ritrovando una quotidianità – spiega Secchi – che ovviamente, almeno per un po’ di tempo, non potrà essere quella di prima. Ma riprendere a lavorare invece che attendere che la terra tremi ancora ci permetterà di recuperare la nostra identità, perché è così che siamo fatti noi emiliano romagnoli”.
A Concordia gli sfollati si danno da fare e cercano di progettare la complessa macchina organizzativa necessaria a supervisionare, ripulire e ricominciare. Spesso inceppata da una nuova scossa, che costringe tutti a ripartire da capo. La maggior parte dei giovani, ora che le scuole sono chiuse, si è iscritta alle liste dei volontari e le famiglie si recano alla tendopoli solo per prendere qualcosa da mangiare, ma restano in città per controllare la situazione.
“Ci riproviamo a ogni scossa a riprendere i sopralluoghi e prima o poi, sisma permettendo, Concordia tornerà a essere la bella città che era – conclude l’assessore Secchi – intanto partiremo dalla città commerciale, chissà che non possa essere un suggerimento anche per gli altri comuni, che oggi vivono il nostro stesso dramma”.