La nuova presidente della Rai deve le sue fortune all'attuale presidente della Banca Centrale Europea, grazia a cui nel 2006 era diventata responsabile della Vigilanza bancaria di Bankitalia. Nessuna donna era mai arrivata tanto in alto prima di lei
Prima della nomina in Rai, la svolta decisiva nell’ascesa professionale di Anna Maria Tarantola è legata a Mario Draghi. Nel 2006 fu l’attuale presidente della Bce, da poco insediatosi al vertice di Banca d’Italia, a chiamare a Roma quella signora ormai sessantenne (è nata nel 1945) che dopo una carriera tutta interna a Bankitalia era approdata alla direzione della sede di Bologna dell’istituto centrale. Tarantola viene nominata Ragioniere generale da Draghi e pochi mesi dopo diventa anche responsabile della Vigilanza bancaria di via Nazionale, incarico molto delicato di per sé, a maggior ragione dopo i disastri dell’era di Antonio Fazio e dell’ascesa del furbetto Gianpiero Fiorani, pupillo dell’allora governatore.
La chiamata di Draghi fu accolta all’epoca con una certa sorpresa nel mondo finanziario. La cattolicissima Tarantola, sposata con il commercialista milanese Carlo Ronchi, due figli, era accreditata di ottimi rapporti con il pio Fazio. Sta di fatto che dalla poltrona di responsabile della Vigilanza la signora di Bankitalia è approdata nel giro di un paio di anni al direttorio generale con i gradi di vicedirettore generale. Nessuna donna era mai arrivata tanto in alto nell’organigramma dell’istituto. E la scalata poteva proseguire ancora. Nei mesi scorsi, infatti, quando partirono le grandi manovre per la poltrona di governatore anche Tarantola finì nella rosa dei papabili alla successione di Draghi, poi sostituito da Ignazio Visco.
La nomina alla poltrona di governatore sarebbe stata il culmine di una carriera di 40 anni tutti trascorsi nelle fila della Banca d’Italia. Dopo la laurea all’università Cattolica e un incarico di ricercatore alla London School of economics, la futura presidente della Rai viene assunta nel 1971 all’ufficio vigilanza della sede di Milano. Ed è proprio nell’area vigilanza che la giovane funzionaria si fa le ossa. Nel capoluogo lombardo non muove foglia senza il via libera di Alfio Noto, direttore di sede dal 1979 al 1993, un funzionario ancora più influente di quanto dica la posizione nell’organigramma. Tarantola nel 1996 viene trasferita a dirigere la filiale di Varese della Banca d’Italia, ma due anni dopo è già di ritorno a Milano. Sono gli anni delle prime grandi fusioni nel mondo del credito, per esempio quella tra Cariplo e il banco Ambroveneto di Giovanni Bazoli. In quegli stessi anni però spicca il volo anche un banchiere come Fiorani. Operazioni molto discusse varate dal furbetto della Popolare di Lodi non trovano ostacoli dalla Vigilanza. Una su tutte l’acquisto della Popolare di Crema. La parabola di Fiorani si conclude nel 2005 con la disastrosa scalata all’Antonveneta. Agli atti dei processi penali contro il banchiere lodigiano finiscono anche le liste dei regali inviati ai funzionari di vertice della Banca d’Italia. E nella lista compare anche Anna Maria Tarantola, omaggiata anche con un orologio Cartier e un bracciale di Tiffany. Intanto tra il 2002 e il 2005 la responsabile della vigilanza milanese passa prima Brescia e poi a Bologna. Da dove vola a Roma premiata da Draghi. Ma nel frattempo non rinuncia a un incarico di rilievo: quello di componente del comitato permanente dell’istituto Toniolo, l’ente che finanzia l’università Cattolica sfiorato in queste settimane dalle polemiche sui corvi vaticani.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 giugno 2012