”Non ci arrendiamo alla crisi, ma bisogna ricostruire i pilastri che collegano l’economia reale ai decisori nazionali e internazionali. Oggi una politica in stand by condanna il paese al vuoto di prospettiva”. Parola di Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato. In questo periodo in cui si parla molto della spesa della pubblica amministrazione, l’associazione degli artigiani ha fatto i conti in tasca allo Stato tra il 2000 e il 2012. E’ emersa una condizione fuori controllo per la quale 2 milioni di euro ogni ora escono dalle finanze pubbliche; in 12 anni ciò ha comportato un’esborso per l’Italia di circa 250 miliardi di euro, almeno secondo il rapporto annuale dell’ufficio studi di Confartigianato, che sottolinea che questo peso viene scaricato in gran parte sui cittadini e imprese in forma di tasse. Le imprese però soffrono anche per la burocrazia.
Guerrini spiega: “Negli ultimi 18 anni si sono succedute 5 proposte di riforma fiscale ma, contemporaneamente, il peso delle tasse è cresciuto di oltre 4 punti, passando dal 40,8 per cento del Pil nel 1994 al 45,1 per cento nel 2012. E, al netto dell’economia sommersa, la pressione fiscale effettiva è lievitata al 53,7 per cento. Soltanto in questa legislatura sono state varate 222 norme fiscali ad alto tasso di complicazione, una ogni sei giorni”.
Si tratta, afferma Guerrini, di “numeri impressionanti: basti pensare che quest’anno il Pil cresce di 8 miliardi, le entrate fiscali di 46”. Sul costo del lavoro il fisco “pesa per il 47,6 per cento, vale a dire 12 punti in più rispetto alla media del 35,3% registrata nei Paesi Ocse”. Sulle imprese italiane continuano da Confartigianato, pesa una spesa in burocrazia pari 23 miliardi l’anno, cioè un punto e mezzo di Pil; ogni azienda impegna 86 giorni l’anno in pratiche amministrative.
Stando a Confartigianato, tra il 2002 e il 2010 le Pmi europee hanno fatto nascere l’85 per cento dei posti di lavoro nell’Ue, con un tasso medio annuo a +1,1 %. Il contributo maggiore (58%) arriva dalle micro imprese fino a 10 addetti.