Venerdì e domenica nelle sale del cinema Lumiere e Odeon, la nuova docufiction del regista bolognese autore del chilometrico The human film
Con il suo ultimo lavoro “Dante. Un uomo di Strada, l’Erotico Eretico”, in gara nell’ottava edizione del Biografilm Festival, ripercorre ancora una volta la strada in salita della regia, vista la pochezza dei mezzi che case di produzione e istituzioni pubbliche hanno elargito per questi tipi di format audiovisivi. All’estero, inutile dirlo, le cose stanno diversamente: la crisi di idee del cinema tradizionale e la forza di Micheal Moore che con Fahrenheit 9/11 ha mostrato l’altra faccia di Bush, hanno aperto la strada ad opere molto interessanti e a nuovi autori, riabilitando capolavori del passato come F for Fake di Orson Welles, Il mio nemico più caro di Herzog, e autori di oggi come Jonathan Caouette e il suo straordinario Tarnation, video diario catartico nonché viaggio allucinante tra la psichedelia, l’omosessualità e il delirio familiare, poi prodotto da Gus Van Sant.
Già sei anni fa, Ciusa realizzò con pochissimi mezzi (circa 250 euro, un record) “The Human Film”, film biografico che attraverso più stili, narra le vicissitudini di un americano in Italia: sette anni di riprese (dal 1998 al 2005) tra Bologna, Roma e Venezia, 30 ore di girato, musiche originali di Massimo Magnani, protagonista l’americano Ted Hemmann, con Freak Antoni e Valter Scoccia.
Prodotto da Atypicalmovie e Freim, “Dante. Un uomo di Strada, l’Erotico Eretico” verrà presentato in anteprima al Biografilm venerdì 15 Giugno alle 17.30, presso la Sala Scorsese del Cinema Lumière e di nuovo in proiezione ufficiale al cinema Odeon, domenica 17 giugno alle 22.
Il film racconta quattordici anni della vita di Dante Casagrande, “L’artista delle mutande”: “una vita al massimo, o meglio ancora – come direbbe il suo ex compagno di scuola e amico Vasco Rossi – una vita spericolata”.
Senza obbedire ad un criterio cronologico, dentro il film ci sono comportamenti, gesti, frasi ripetute negli anni ed episodi salienti. I tagli e le immagini permutate rendono l’essenza del personaggio che gira ubriaco in notturna, sotto i portici con la bottiglia di vino in mano, imprecando contro il mondo e interrogandosi sul significato della propria arte: “Le opere d’arte sono come i figli, a 20 anni se ne devono andare”.
Nell’evolversi della storia, il protagonista rimane solo, senza amici. In una stanza assegnatagli dai servizi sociali, realizza sculture astratte, e ribadisce, “rappresento mutande in situazione”. Casagrande, ad oggi, è universalmente riconosciuto a livello artistico. Ha girato l’Italia e l’Europa per diversi anni fino ad arrivare al Museo di Revere (Trento), dove le opere sono ad oggi ancora visibili.
Troppo giovane per un museo e troppe donne. Così come l’uso/abuso di sostanze alcoliche e di droghe varie fanno dell’artista un uomo disperato, spinto dalla necessità di sprofondare. A 45 anni è un cane randagio, ed è così che apprende ancora di più l’arte di arrangiarsi fino al “viaggio pieno di speranza” a Roma, per chiedere al pontefice la dispensa per fare la comunione. (il papa non lo ricevette, n.d.r.).
Dal 2002 è in cura sotto l’Usl, ha già battuto tutte le case del circondario bolognese, è stato anche al manicomio, sembra che voglia disintossicarsi dall’alcool e che voglia riprendere a fare lo scultore.
Per info: http://www.biografilm.it/2012/