“Anche noi cinesi siamo un pezzo di made in Italy, contribuiamo al manifatturiero italiano in maniera massiccia. Se non ci fossimo sarebbero guai, è inutile nasconderlo”. Su queste basi nasce a Padova la prima “Confindustria con gli occhi a mandorla”, un’associazione che riunisce le imprese cinesi del Veneto ma che vuole avere valenza nazionale. “E’ stata un’idea di mio padre – racconta Matteo Hu – per cercare di fare fronte comune con gli italiani in questo momento di particolare crisi del manifatturiero: lavoriamo ogni giorno con le aziende italiane e loro con noi, è necessario superare la crisi insieme”.
L’associazione, che conta già un centinaio di iscritti, ha come obiettivo prioritario quello di offrire ai connazionali cinesi un sostegno in tutte le fasi di apertura e gestione della loro azienda, oltre a una consulenza a 360 gradi su questioni tecniche, legali e fiscali, avvalendosi di professionisti italiani. Ma non solo: “Abbiamo voluto creare una voce comune per le istituzioni, per i giornalisti e per gli imprenditori italiani. C’è ancora molta diffidenza su di noi, siamo considerati poco affidabili e spesso a rischio illegalità” dice Matteo, 40 anni e una dizione italiana perfetta.
“C’è ancora molta diffidenza sia tra i cinesi che tra gli italiani – continua Matteo – ma già la mia mentalità è diversa da mio padre: lui è nato in Cina, io sono arrivato qui molto piccolo e ho tanti amici italiani, quindi mi sento a metà; sono un cinese di seconda generazione”. Lui e il padre hanno aperto a Mestre e Padova diversi locali (“sono bar ma di alta qualità”, dice) in location di prestigio dove servono cocktail fino a tarda sera. A Padova hanno aperto da meno di un anno un locale nel cuore del centro, all’interno della torre medievale dell’Orologio. Ed è significativo che gli Hu padre e figlio abbiano scelto come sede della loro associazione proprio la città di Padova, dove il boom di imprenditori cinesi ha superato da tempo il tetto delle mille presenze, attestandola al primo posto in Veneto per presenza di titolari d’impresa asiatici.
La notizia però ha creato anche qualche malumore all’interno della comunità cinese, e tanti connazionali non apprezzano questa iniziativa. “E’ solo per farsi un po’ di pubblicità, non gli date retta” risponde infastidito dal clamore della notizia Marco Hu, stesso cognome ma nessuna parentela con Matteo, che è uno dei ristoratori più noti in Veneto perché ha inventato la catena di ristoranti Wok sushi, e ne ha aperti molti nelle zone di Padova, Treviso e Venezia. “Non vi fate ingannare – continua Marco, che in realtà si chiama in un altro modo ma dice che in Italia il suo nome lo non ricorda mai nessuno – continuano ad aprire associazioni di imprenditori cinesi ma sono fittizie e servono solo per farsi conoscere. Sono tutte realtà che durano il tempo di annunciare la loro nascita, poi chiudono il giorno dopo”.
Questa volta però sembra diverso, anche perché Matteo ci tiene a raccontare la sua condizione di cinese di seconda generazione (“Mio fratellino è nato qui in Italia, sarà ancora più lontano da me dalla Cina”) e la sua disponibilità nei confronti degli italiani. “Noi cinesi in Italia siamo tanti, ed è vero che qualcuno usa ancora metodi poco ortodossi. Ma ci sono anche quelli che rispettano le regole, come mio padre e come me. Con questa associazione vogliamo dimostrare la massima apertura ai colleghi italiani che lottano ogni giorno per far quadrare i conti, pagano le tasse, mantengono la famiglia. Come noi”.