Estate: tempo di mare. Quest’anno – a giudicare dai reportage fotografici in rete – pare che per molti vip vada di moda la Florida, ed in particolare Miami. Chissà se questi vip si ricordano del disastro della Deep Water Horizon nel Golfo del Messico e se pensano al petrolio che si è adagiato mollemente sul fondo dell’oceano? Ma non è solo l’Atlantico malato.
“Vortice subtropicale del Nordpacifico” o “North Pacific Subtropical Gyre”. Detto così, non sembra una schifezza.
In realtà questo vortice ha contribuito a formare localmente la più grande chiazza di immondizia che esista al mondo (“Pacific Trash Vortex”). Quando il capitano Charles Moore nel 1997 la incontrò con il suo catamarano, per attraversarla ci impiegò una settimana. C’era di tutto, dalle reti da pesca, alle bottiglie di plastica, ai sacchetti, ai contenitori sempre rigorosamente di plastica. Solo in minima parte provenienti da rifiuti prodotti in mare. L’80% si accertò che proveniva dalla terraferma: dai camion della spazzatura, dalle discariche, ma soprattutto dai corsi d’acqua che affluivano al Pacifico. Moore calcolò una media di due etti di detriti ogni cento metri quadrati di superficie, il che significava, mal contati, circa tre milioni di tonnellate di plastica. Tempi di smaltimento? Infiniti, poiché i polimeri si degradano relativamente rapidamente sotto l’azione del sole, ma nell’oceano questa azione è contrastata dalla bassa temperatura dell’acqua ed anche dalla alghe che avvolgono gli oggetti. E comunque la plastica, anziché biodegradarsi, si fotodegrada, disintegrandosi in composti sempre più piccoli. Come quelli scoperti nel Mar Mediterraneo di recente.
All’ultimo festival del cinema di Cannes Expedition Med (un’associazione che riunisce al proprio interno personaggi di diversa estrazione, ma soprattutto scienziati ed ambientalisti) ha presentato i filmati relativi a ricerche durate anni nel nostro mare chiuso ed ha scoperto incredibilmente che in alcune zone (tipo l’arcipelago toscano ed il nord della Corsica), l’abbondanza media di microplastica è più o meno la stessa stimata per il famigerato North Pacific Subtropical Gyre (0,334 particelle/m2). Microplastiche che ovviamente finiscono molto più facilmente nella catena alimentare. Senza contare che la plastica, sempre secondo Expedition Med, sarebbe responsabile diretta della morte di un milione di uccelli marini e 100.000 mammiferi.
Insomma, Miami non se la passa bene, ma forse neanche Capoliveri è tanto in salute.