Può la finanza essere messa al servizio dell’interesse comune? Sembrerebbe proprio di si, vediamo come.
Gabriele Zoja lavora per molti anni a Londra e in Europa come manager finanziario su strumenti derivati ed altri prodotti tristemente noti. Ma nel 2008 imprime una grande svolta alla sua vita e prima dello scoppio della grande crisi finanziaria manda tutti all’inferno. Torna in Italia, si forma come manager non profit, esplora possibili collaborazioni e sceglie di lavorare in una Ong, ACRA di Milano, nell’ Unità di Social Business e Microfinanza, come ‘Social Investment Analyst’.
“Sono entusiasta”- dice oggi- “mi occupo di diversi progetti, tengo corsi di educazione finanziaria alle comunità migranti, ricerco nuovi canali di invio e ricezione delle rimesse (tramite l’uso di tecnologia Mobile) e nuovi strumenti finanziari per trasformarle in motori per il co-sviluppo dei paesi d’origine.
Nella mia ONG stiamo anche lavorando per creare un fondo di investimento che abbia come mission il finanziamento di imprese sociali nei paesi dove siamo già presenti, sul modello di alcuni fondi stranieri non ancora presenti in Italia, come Acumen Fund. Il progetto è ancora in una fase embrionale, la raccolta dovrebbe iniziare dopo l’estate e i primi investimenti dovrebbero avere luogo entro la fine dell’anno”.
Un effetto collaterale del crollo dei finanziamenti pubblici a welfare e cooperazione internazionale è che il non profit europeo più evoluto, come nel caso di ACRA, reagisce dinamicamente cercando vere alleanze con gli altri attori sociali: aziende, fondazioni, ‘social investors’- per portare avanti e finanziare progetti e interventi sul campo.
Quindi, mentre in Italia i nostri più ricchi imprenditori si ‘buttano’ (in senso letterale!) nel calcio, sprecando il loro potenziale di impatto sociale, nel mondo si stanno moltiplicando poderose forme di ‘filantrocapitalismo’ grazie ad iniziative di miliardari americani, cinesi, indiani, decisi a ‘cambiare il mondo’ come loro sfida ‘ultima’. Come? Anche attraverso la social finance più che tramite semplici donazioni a fondo perduto, e (almeno per ora) in collaborazione con il non profit.
Pensate che la sola Fondazione Gates ha 64 mld di dollari di patrimonio al 2011 incluso l’apporto congiunto di Warren Buffet ed è il secondo finanziatore dell’ OMS- Organizzazione Mondiale della Sanità dopo il Governo degli Stati Uniti. In più, è attiva direttamente in tutto il mondo su progetti propri o in partnership.
Sarebbe un grave errore il solo rifiutare alleanze o gridare sempre al ‘social washing’: il mondo si cambia solo se i ‘big player’ lavorano insieme: certo le ONG, da sole, non lo salvano!
Tra i più impegnati artefici della ‘finanza di impatto sociale’ in Italia, Roberto Randazzo (Docente presso ASVI, Bocconi, membro di R&P Legal – Rossotto, Colombatto & Partners) approfondisce: ‘È matura la consapevolezza di dover sviluppare modelli alternativi che, traendo ispirazione anche dalle tecniche del venture capital, possano creare un nuovo rapporto tra capitali privati, organizzazioni non profit ed imprese socialmente orientate”.
Come ci ricorda Pietro Ingrao nella sua quasi centenaria saggezza ‘Indignarsi non basta’, bisogna costruire relazioni’.. anche con la finanza!
Prosegue Randazzo: ‘Negli ultimi anni, infatti, l’interesse verso gli strumenti di ‘ impact finance’ è cresciuto in maniera esponenziale, ed in alcuni paesi Europei- in particolare UK-, sono già state avviate nuove soluzioni finanziarie. Fra questi, è interessante citare i Social Impact Bonds, un “prodotto” -già sperimentato con successo nel Regno Unito e assimilabile ai titoli obbligazionari, che può essere sfruttato per lo sviluppo di progetti di interesse collettivo, assicurando un forte risparmio di spesa alla pubblica amministrazione, ed il raggiungimento di un risultato sia di carattere economico-finanziario, che sociale ed ambientale’.
Mentre aspettiamo che l’Europa si doti degli ‘Euro Bond’, il settore sociale europeo è più avanzato e li usa già!
Per riassumere in breve:
Settore sociale e settore finanziario (con i suoi specialisti) stanno iniziando a collaborare seriamente e questo rivoluzionerà gli interventi sociali, facendoli uscire da logiche di finanziamento esclusivamente pubbliche o legate alla raccolta fondi.
Grandi fondazioni internazionali e ricchi imprenditori miliardari nel mondo si sono posti la ‘sfida massima’ di combattere i mali del mondo.
Il settore pubblico giocherà sempre più un ruolo di ‘facilitatore-moltiplicatore di risorse’ che di ‘erogatore finale’.
E gli imprenditori italiani? Giocano ancora a pallone. Forse prima o poi cresceranno, e quello sarà un bel giorno per l’Italia.
PS. Continua nel prossimo post!