Uno alla volta, i figli di nessuno si sono alzati in piedi e hanno cominciato a cantare l’Inno di Mameli. Sono rinchiusi da ore nella sala dell’hotel Ergife, patria romana degli aspiranti vincitori di concorsi: questa volta sulla roulette ci sono tre posti di procuratore all’Avvocatura dello Stato. Alle otto di mattina tutti giù per le scale, in fila per depositare borse, telefonini, appunti. Poi l’appello dei 975 candidati. Infine la consegna dei fogli protocollati, l’apertura delle buste e la lettura della traccia d’esame da ascoltare con le dita incrociate. Speriamo che sia quella buona. Sono le due del pomeriggio, ormai. Ma la trafila non è stata uguale per tutti. C’è chi si è portato dentro il serpentone dell’Ergife i codici commentati e li ha nascosti in bagno. C’è chi dice che nessuno ha controllato il contenuto delle buste. C’è chi ha notato tra i nomi una “figlia di”. Sono partite le urla, i fischi. Il concorso è stato sospeso “per disordini”. “Esagitati” li hanno chiamati. Quando sono arrivati i carabinieri, cantavano: “L’Italia s’è desta” di Manolo Lanaro e Paola Zanca

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